“Ma ddaveru sta dici?” L’ironia delle donne sul Fertility day

“Ma ddaveru sta dici?” L’ironia delle donne sul Fertility day
Una serie di card, stampate e virtuali, per scherzare sul Fertility day promosso dal Ministero della Salute facendo riflettere sulla differenza di genere e non solo. È...

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Una serie di card, stampate e virtuali, per scherzare sul Fertility day promosso dal Ministero della Salute facendo riflettere sulla differenza di genere e non solo. È l’iniziativa della Casa delle Donne di Lecce che, insieme a Lea - Liberamente e Apertamente e Kore Salento, lancia da oggi una campagna di (contro)comunicazione sulla procreazione in chiave anti moralistica e soprattutto molto concreta, smascherando le incoerenze del Fertility day rispetto a salute, famiglia, welfare. Ma soprattutto rispetto al ruolo della donna nella società.

«A questa campagna offensiva, che mira a contrastare gli effetti della liberazione femminile, abbiamo voluto rispondere con forza ma anche con molta ironia, attraverso sei frasi in dialetto, in contrasto con l’inglesismo utilizzato nella campagna ministeriale, che intendono mettere in discussione i contenuti del “Piano nazionale per la fertilità”-, spiegano le ideatrici della campagna-. Un messaggio che si vuole calare nella realtà salentina, invitando tutte e tutti ad una riflessione pubblica sul significato simbolico e culturale di questa iniziativa ministeriale».

Le frasi scelte rappresentano gli interrogativi più comuni che una donna si pone di fronte alla prospettiva della gravidanza: il mantenimento del figlio e del posto di lavoro, la disponibilità di un nido. Ma anche la questione fondamentale della libertà di scelta. In poche efficaci battute, a cominciare dal titolo “Fertility day: ma ddaveru sta dici?”, la campagna oppone insomma una schietta ilarità alle “preoccupazioni” sul calo della natalità del ministero (che ieri sono sfociate in una nuova campagna puntata questa volta tutta sugli stili di vita). Ma l’intento non è ovviamente solo quello di far sorridere: «L’iniziativa ministeriale - spiegano le associazioni -, reca il marchio di una cultura regressiva e illiberale, che ha in sé il grave demerito di palesare un forte disconoscimento della libertà femminile e del principio dell’autodeterminazione della donna proprio sul fronte strategico della maternità consapevole». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia