Accusa la famiglia di insegnare un sistema di controvalori etici ed educativi. Che vuole dire trasmettere ai figli la cultura del mancato rispetto delle regole e...
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“Ogni giorno in aula i nostri alunni apprendono l’importanza del sapere”, sostiene la professoressa Zingarello in un passaggio di quella lettera. “Del sapere fare. Ma soprattutto, del sapere essere. Saper essere persona civica, consapevole, responsabile di comportamenti corretti e rispettosi, titolare dei diritti e doveri e di obblighi deontologici. Orbene, è oltremodo mortificante e semplicemente impensabile che questo patrimonio di valori e principi, rappresentato dalle persone del mondo professionale della scuola, venga in un momento sconfermato, offeso e vilipeso dall’altro anello fondante della catena educativa: la famiglia. Sembra paradosale, ma gli episodi di “indicibile civiltà” verificatisi in questi giorni nella comunità scolastica della sede di San Domenico Savio, hanno evidenziato quanto sia fragile un sistema educativo che stenta a condividere in alleanza con la scuola, i valori fondanti della legalità e del rispetto delle regole che governano i sistemi sociali”.
E giù l’elenco di quelle che sarebbero state le mancanze e le violazioni delle regole da parte dei genitori: sistematico arrivo in ritardo, senza presentare una giustificazione o firmare un permesso di ingresso. La sponda che offrirebbero mamma e papà a quegli alunni disinteressati all’apprendimento e negligenti. Il deterioramento del linguaggio e la deriva verso l’abuso di violenta e gratuita volgarità”, conseguenze del mancato controllo a casa dell’accesso smodato a tablet, smartphone, computer ed ai social. Fino alla consuetudine di scaricare sul compagno di banco il comportamento richiamato dall’insegnante.
Nel richiamare ancora il rispetto delle regole e della legalità, la dirigente ha ricordato che sia sufficiente praticarle nei gesti e nei comportamenti quotidiani. Ed invece sarebbe accaduto esattamente il contrario: “Cosa avranno imparato in questi giorni i nostri alunni dai genitori trasgressori delle regole, dai genitori che come giovani teppisti, hanno forzato il cancello ed il servizio di vigilanza per affermare, con atto di forza ed arroganza, il loro “presunto diritto” di sostare nel cortile”, gli esempi concreti che hanno dato poi vita alla lettera. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia