Protesi e mazzette, ridotta in appello la pena per la funzionaria Asl

Protesi e mazzette, ridotta in appello la pena per la funzionaria Asl
Aveva impugnato la sentenza di primo grado e ha chiuso il conto con un concordato in appello pari a quattro anni e sei mesi di reclusione, Carmen Genovasi condannata in primo...

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Aveva impugnato la sentenza di primo grado e ha chiuso il conto con un concordato in appello pari a quattro anni e sei mesi di reclusione, Carmen Genovasi condannata in primo grado a sei anni ed 8 mesi nel ruolo di responsabile amministrativa del settore Assistenza protesica della Asl di Lecce. Eliminata l'interdizione legale.


La sentenza del gup Cinzia Vergine, è confermata nel resto, anche nelle statuizioni civili.

Il risarcimento

Era stato anche stabilito infatti il risarcimento del danno per la parte civile (la Asl rappresentata dagli avvocati Massimo e Riccardo Manfreda) e al pagamento delle spese di giudizio e di quelle sostenute per la custodia cautelare in carcere. Il rappresentante di protesi sanitarie Giuseppe Bruno, 59 anni, aveva chiuso sempre con un concordato della pena, tra accusa e difesa, pari a tre anni e quattro mesi di reclusione.
Entrambi rispondevano di corruzione ed entrambi furono arrestati a giugno del 2020 dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria nel blitz dell'inchiesta dei pubblici ministeri Roberta Licci e Massimiliano Carducci.

Licenziamento della Asl

Secondo l'accusa, la Genovasi (licenziata dalla Asl) avrebbe ricevuto mazzette - denaro, regali e favori di vario genere - in cambio dei quali avrebbe favorito l'assegnazione degli appalti di fornitura degli ausili medici ad alcune imprese. A documentare gli scambi sui quali la Procura ha costruito l'impianto accusatorio - poi accolto e confermato nella condanna di primo grado - anche le immagini registrate dalle telecamere nascoste piazzate nell'ufficio della Genovasi.
Gli occhi elettronici ripresero, fra le altre cose, la consegna di una busta contenente 850 euro. La funzionaria, inoltre, dal rappresentante, avrebbe ricevuto su sua espressa richiesta, anche un saturimetro e un termometro.
Nel corso del processo di primo grado, i due imputati si sono rimpallati la responsabilità. Genovasi ha accusato Bruno di averla indotta a creare un canale preferenziale con alcuni rappresentanti di articoli sanitari, giacché - questa era l'idea - così fan tutti. Bruno ha riferito, invece, di essere stato costretto dalla Genovasi a versare delle somme di denaro per un totale di 17mila euro, in aggiunta all'assunzione del marito, per avere garantita una corsia preferenziale. Per entrambi l'accusa era di corruzione, Genovasi rispondeva anche di turbativa d'asta. Bruno è difeso dagli avvocati Carlo Caracuta e Luigi Rella, Genovasi da Sabrina Conte e Stefano De Francesco.


Per altre due persone coinvolte, i conti con la giustizia erano già stati regolati con un patteggiamento. Come si diceva, nell'ottobre scorso la donna era stata licenziata da responsabile amministrativa del settore Assistenza protesica dell'Azienda sanitaria, dopo la sospensione dal servizio. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia