Lecce a rischio dissesto, sotto esame gli amministratori di 20 anni: il rischio incandidabilità. I nomi eccellenti

Lecce a rischio dissesto, sotto esame gli amministratori di 20 anni: il rischio incandidabilità. I nomi eccellenti
Se le Sezioni riunite della Corte dei Conti, a Roma, confermeranno la strada tracciata dalla Corte dei Conti di Puglia, per il Comune capoluogo del Salento si aprirà la...

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Se le Sezioni riunite della Corte dei Conti, a Roma, confermeranno la strada tracciata dalla Corte dei Conti di Puglia, per il Comune capoluogo del Salento si aprirà la strada del dissesto finanziario. Un terremoto. Sia perché a Lecce arriverebbe l'organo di liquidazione - una commissione di tre membri nominata dal ministero dell'Interno - ad avocare a sé il compito di risanare i conti ed esautorando, così, l'amministrazione eletta dai cittadini, sia perché si aprirebbe in automatico una inchiesta della Procura contabile, alla quale la delibera della Corte dei Conti di Puglia è già stata inviata.

L'inchiesta


La magistratura inquirente avrebbe il compito di verificare se vi siano state condotte dolose o negligenze nella gestione delle finanze pubbliche tali da mandare gambe all'aria i conti di Palazzo Carafa. E sotto schiaffo finirebbero l'attuale sindaco Carlo Salvemini, con le sue Giunte di oggi e di ieri, e il suo predecessore, Paolo Perrone, con la squadra di assessori che ha governato la città nel decennio 2007-2017.
Acerrimi avversari, protagonisti indiscussi della scena politica cittadina, Salvemini e Perrone si troverebbero così a condividere una posizione assai scomoda: siamo - va precisato - nel campo delle ipotesi, ma qualora la Procura ravvisasse responsabilità contabili in capo all'uno o all'altro, se cioè le amministrazioni dei due sindaci fossero ritenute responsabili del dissesto, potrebbero essere condannati a pagare una sanzione pecuniaria di importo variabile dalle 5 alle 20 volte lo stipendio mensile lordo di un sindaco e per loro, come per i loro assessori, scatterebbe l'incandidabilità per dieci anni. Significherebbe spazzare via l'intera classe dirigente cittadina. Dovrebbero ritirarsi dalla scena politica, per esempio, l'attuale assessore regionale Alessandro Delli Noci; il consigliere di minoranza Andrea Guido e l'avvocato Gaetano Messuti, rispettivamente assessori all'Ambiente e ai Lavori pubblici dell'ultima Giunta Perrone. Il centrosinistra finirebbe per perdere gran parte delle figure sulle quali si potrebbe costruire il dopo-Salvemini: dal Dem Paolo Foresio all'assessora all'Urbanistica Rita Miglietta.


Ipotesi, per il momento; solo ipotesi funeste davanti alle quali ogni asprezza si smussa, spianando la strada al confronto. Non ufficiale, certo. Ma sono molti gli osservatori politici e i consiglieri che, in queste ore, dialogano con Salvemini e, dietro le quinte, anche con Perrone, cercando il bandolo di una matassa difficile da dipanare. Si cerca il nome giusto, un avvocato che conosca bene la situazione economico-finanziaria del Comune e che conosca a fondo anche il quadro politico nel quale la vicenda Lecce si inserisce, portando davanti alle Sezioni Riunite non soltanto argomenti contabili, ma anche le ragioni squisitamente politiche che dovrebbero impedire di dichiarare il dissesto nella capitale barocca. Si pensi a Napoli e alle centinaia di Comuni che, come Lecce, sono stati messi in difficoltà da politiche economiche schizofreniche - lo sottolineano persino i giudici contabili nella delibera di bocciatura del piano di riequilibrio leccese - e si pensi, ancora, alla pandemia che ha demandato agli Enti locali la gestione di una emergenza non solo sanitaria, ma economica e sociale. Il finale della storia, insomma, è tutto da scrivere.

 

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