Contrasse il Covid dal medico durante la visita? Nessuna prova: inchiesta archiviata

Il Palazzo di giustizia di Lecce
Nessuna prova che il cardiologo di Carpignano Salentino trasmise al paziente il Covid-19. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Laura Liguori, ha accolto...

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Nessuna prova che il cardiologo di Carpignano Salentino trasmise al paziente il Covid-19. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Laura Liguori, ha accolto le richieste del pubblico ministero Maria Vallefuoco e dell’avvocato difensore Luigi Corvaglia, di archiviare l’inchiesta che ha visto il professionista indagato per diffusione colposa di epidemia.


 

L'ordinanza

L’inchiesta era stata avviata dopo che il paziente, un uomo di 77 anni, di Uggiano la Chiesta, ad ottobre dell’anno scorso depositò in procura una denuncia-querela con l’avvocato Rita Ciccarese. Per riferire che durante la visita del 16 luglio avesse notato che il cardiologo fosse affetto da un raffreddore acuto e che lo stesso gli avesse riferito di non godere di buona salute. Poca cosa per sostenere l’accusa nel processo penale, ha sottolineato il giudice: «Non vi è prova del nesso di causalità tra la malattia contratta e quanto accaduto all’interno dello studio del dottore», precisa l’ordinanza di archiviazione. «Nè detta prova può essere in alcun modo acquisita, anche in considerazione delle note caratteristiche del Covid-19, di elevata contagiosità, come tale suscettibile di essere contratto facilmente in diversi ambienti».
Quanto ai sintomi manifestati dal medico, il giudice ha sostenuto che vi sia solo la parola del denunciante e che tanto non basta a provare l'accusa in un processo penale. Ed alla luce della nota facilità di trasmissione del Covid oggi non è più possibile acquisire alcun indizio.

Procedimento disciplinare

Se è vero che il medico visito il paziente manifestando i sintomi del Covid, secondo il giudice si tratterebbe solo di verificare il profilo deontologico del comportamento. Cosa puntualmente accaduta: «Ove l'indagato avesse effettivamente manifestato i sintomi riconducibili al Covid-19 già in occasione del contatto con il denunciante per motivi professionali, si tratterebbe di comportamento in astratto censurabile sotto il profilo deontologico, poiché non rispondente a regole di prudenza particolarmente necessaria in questo contesto storico e tuttavia inidoneo a integrare l'ipotesi di reato di epidemia colposa. Non dimenticando come l'indagato sia stato assolto in sede disciplinare dal suo Consiglio dell'ordine».

 

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Quotidiano Di Puglia