La paura degli imprenditori: «Vogliamo capire cosa accade»

La paura degli imprenditori: «Vogliamo capire cosa accade»
Due incendi, ravvicinati. Entrambi a lidi balneari di Porto Cesareo e a fine stagione, quando il via vai dei turisti si è ormai interrotto e la battigia non ospita che...

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Due incendi, ravvicinati. Entrambi a lidi balneari di Porto Cesareo e a fine stagione, quando il via vai dei turisti si è ormai interrotto e la battigia non ospita che qualche passante desideroso di godere un po’ di sole. Pochi giorni fa a prendere fuoco è stato il lido Oasis: a originare l’incendio, il presunto cortocircuito di un elettrodomestico. Sabato sera, invece, le fiamme sono divampate e hanno distrutto lo stabilimento Lido del Conte, di proprietà dell’ex senatore e cardiologo Antonio Gaglione. E mentre i carabinieri di Porto Cesareo e di Campi Salentina sono al lavoro per ricostruire l’accaduto e capire cosa sia avvenuto, fra gli imprenditori si fanno strada sgomento e preoccupazione: troppe coincidenze, troppi “incidenti” a distanza ravvicinata e su obiettivi simili.

Una paura comprensibile: l’arco ionico è da sempre nel mirino della criminalità. Il racket ha colpito duramente le attività balneari. Fiutare l’affare del turismo stagionale da Gallipoli a Torre Specchia, negli anni del boom del Salento da bere, è stato un attimo. Allungare i tentacoli sulle imprese, il passo successivo. Fino alle inchieste e ai blitz che hanno sgominato i clan, portando a decine di arresti. Ma la lotta alla criminalità, che ha visto schierati Procura, forze dell’ordine e prefettura, non è riuscita a sanare le ferite degli imprenditori, a ricucire un tessuto sociale ancora troppo permeabile alle infiltrazioni e alle minacce. Ed è per questo che oggi non stupisce che a Porto Cesareo si sia fatta strada la paura.
«Siamo frastornati – dice Fabrizio Marzano, titolare del Bacino Grande - combattuti fra la tristezza e l’angoscia. Vorremmo capire cosa sta accadendo. Il Salento non è più una meteora del turismo internazionale. Anche il cortocircuito all’Oasis è parso strano. Forse sta passando un messaggio sbagliato». Di più, l’imprenditore non dice. Anche se nella marina in molti guardano all’attività politica e professionale di Gaglione per cercare i motivi che potrebbero aver armato di benzina e accendino la mano di un ancora ipotetico attentatore.
 
«Gaglione è un mio associato – dice Mauro Della Valle, presidente di Federbalneari – ed non è mai stato “toccato” da dubbi o problemi di sorta. Non mi ha mai fatto alcuna segnalazione, né riferito di qualcuno che è andato a trovarli. Certo: se avevano intenzione di colpire, questo è il periodo, quando si abbassa la guardia, si è più rilassati». Della Valle riflette anche sulla proprietà privata del Lido del Conte, che non ricade su area demaniale: sarebbe da escludere, a suo avviso, un eventuale collegamento di quanto accaduto con la necessità di qualcuno di forzare la mano, di costringere l’imprenditore a cedere il passo prima che il Comune vari il piano delle coste. Ipotesi. Soltanto ipotesi che dovranno trovare riscontro nei risultati delle indagini svolte dai carabinieri. E l’esito, a oggi, è tutt’altro che scontato.
Lo dimostra la storia di Vincenzo Palumbo, titolare del Buenaventura di Torre Specchia, sull’Adriatico. Dopo le minacce ricevute nel 2014, lo scorso marzo lo stabilimento ha preso fuoco, andando distrutto. Anche in quel caso si è fatta largo la paura, il sospetto che dopo l’operazione Network, che ha estirpato i clan più forti fra Vernole e Melendugno, la criminalità fosse tornata a farsi sentire, a battere cassa a danno degli imprenditori balneari. «I carabinieri invece - dice Palumbo oggi - ci hanno rassicurati: l’incendio di marzo non è stato doloso. Né l’Arma né i vigili del fuoco hanno trovato inneschi di sorta o materiale che potesse dare adito a sospetti. Anzi. Probabilmente a causare l’incendio è stato qualche pescatore che ha acceso un fuoco. La tramontana ha fatto il resto. Tant’è che dopo una settimana abbiamo visto altri pescatori, che accendevano fuochi sfruttando ciò che era rimasto della legna del nostro lido. Per questo - aggiunge - ci siamo messi al lavoro per ricostruirlo». Viceversa, Palumbo avrebbe abbandonato l’attività: «Non avrei mai più potuto sottostare a queste cose, a questi ricatti».

Un finale che in molti sperano di poter scrivere anche a Porto Cesareo, che oggi sarà al centro di un confronto fra il sindaco Salvatore Albano e il prefetto Claudio Palomba. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia