Insiste sul concetto di perdono monsignore Vito Angiuli. È un approccio coraggioso, nei giorni in cui la rabbia e la violenza sembrano essersi impossessate di...
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Angiuli, dunque, in serata indica la strada da seguire fin dalla scelta del passo del Vangelo letto in chiesa: è la parabola del servo crudele, pervasa di inviti alla pietà e al perdono. «È necessario - aggiunge il vescovo - sviluppare un senso di compassione. La verità deve fare il suo corso, e il perdono non è una realtà a buon mercato: richiede una conversione, implica che chi si deve assumere le proprie responsabilità lo faccia». Ecco il cuore del messaggio alla comunità di Specchia e, per estensione, a tutti quanti si sono sentiti toccati da questa vicenda: la compassione deve viaggiare di pari passo alla giustizia. «È necessario che ci sia l’accertamento della verità», aggiunge Angiuli.
In chiesa c’è il sindaco Rocco Pagliara; non ci sono i genitori di Noemi. E prendendo spunto dalla tragedia di questi giorni, il prelato invita a guardare da un’angolazione più ampia: è la questione giovanile a stare particolarmente a cuore al vescovo. «Non focalizziamo la nostra attenzione solo su questa vicenda. Guardiamo a tutti i giovani, cerchiamo di sviluppare un dialogo e un confronto con loro. È una questione che va al di sopra di tutto. Ed è un dibattito che serve anche per onorare adeguatamente la morte di Noemi. Dobbiamo riflettere sul fatto che tutte le agenzie educative sono in difficoltà: scuole, chiesa, famiglie. C’è un aspetto anche sociale: chiediamoci come mai i giovani sembra che non abbiano alcun futuro. E un altro di carattere culturale: questa vicenda va vista in un contesto che riguarda un’intera generazione. Dobbiamo avere capacità di ascolto - ammonisce monsignore Angiuli - dobbiamo cercare di accompagnare le nuove generazioni ad acquisire una nuova solidità, un orizzonte di futuro, una speranza».
Solo così, spiega, il perdono avrà un senso. «La parola di Dio ci invita a mettere da parte l’odio, il rancore, la violenza. Certo - aggiunge - a volte sembra impossibile perdonare. Ma dobbiamo accompagnare queste famiglie, dobbiamo metterci all’ascolto del loro dolore. Lasciamo agli inquirenti le indagini. Noi affidiamoci al perdono. Perché la violenza genera violenza, il male generale il male. Il perdono, invece, genera la vita». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia