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Dipendenti con precedenti penali o con sospetti che li collocano fra la criminalità organizzata e rendono per questo concreto il pericolo di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico: a questa conclusione è giunto il prefetto di Lecce, Maria Rosaria Trio, con le interdittive che hanno colpito due aziende salentine riunitesi in una associazione temporanea di imprese per gestire i servizi del cimitero di Sava (in provincia di Taranto). Fra i loro dipendenti anche un uomo indicato nell'inchiesta Cupola della polizia di Taranto come il boss indiscusso del Comune jonico
Si tratta della Salento Multiservizi Group amministrata da Roberto Greco, con sedi a Surbo ed a Lecce (difesa dall'avvocato Valentina Romano); e della Rossetto Rossano di Matino (avvocato Alberto Pepe). Ottanta dipendenti la prima, sessanta la seconda impiegati anche in appalti e affidamenti ottenuti in altri Comuni. Per scongiurare il rischio che restino senza lavoro e che servizi resi dalle due aziende, anche essenziali, vengano sospesi, la Prefettura a breve affiderà la gestione a due amministratori.
I provvedimenti che congelano i rapporti di impresa con le amministrazioni pubbliche sono il frutto delle informative depositate dalla sezione distrettuale di Lecce della Direzione investigativa antimafia (Dia) diretta dal vicequestore Carla Durante, sull'appalto dei servizi cimiteriali di Sava.
È uno di questi dipendenti quello indicato il boss indiscusso di Sava. Di lui si parla nella recente inchiesta Cupola: «Ritornato in libertà dopo un lungo periodo di detenzione, aveva imposto il cosiddetto fermo a Sava, assumendo il controllo del territorio, il passaggio ricavato dall'ordinanza di custodia cautelare. «Tutti avrebbero dovuto dargli conto che prima di ogni cosa senza il suo consenso nessuno avrebbe più potuto continuare a lavorare, precisando che il discorso risultava palesemente pertinente al controllo del territorio che... stava ottenendo, man mano, a Sava dopo la sua scarcerazione. Tra l'altro, senza farsi troppi scrupoli».
Un pericolo attuale, quel dipendente, anche alla luce del curriculum criminale che avrebbe preso spessore a partire dal 1983 fino al 2000 con una serie di reati costatigli sette anni di sorveglianza speciale.
Ed ancora: in questo ambito viene considerato particolarmente allarmante il ritrovamento di armi e munizioni rubate, in un loculo del cimitero di Sava. La scoperta risale al 30 ottobre dell'anno scorso quando dei carabinieri del Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Manduria trovarono fucili da caccia, fucili a pompa, cartucce e proiettili calibro 380 rubati il 14 agosto in una casa dello stesso comune.
Rilievo è stato dato inoltre ai dati acquisiti nel passato nell'indagine amministrativa che si concluse con lo scioglimento del Comune di Surbo. Dati riguardanti la Salento Multiservizi: «Erano emerse numerose irregolarità formali connesse alla gestione dei servizi cimiteriali nel Comune di Surbo, che risultava affidata alla famiglia di Roberto greco, la quale ha mantenuto la gestione del servizio per oltre dieci anni. Anche se con ditte diverse aventi differenti ragioni sociali».
Ora l'una e l'altra impresa potranno chiedere al Tar la sospensiva dell'interdittiva, assistite dagli avvocati Romano e Pepe. Per provvedimenti analoghi altre aziende hanno licenziato quei dipendenti indicati in odor di mafia salvo poi vedersi obbligate a riassumerli dal giudice del Lavoro. Insomma, una vicenda giudiziaria piuttosto complessa per salvare le commesse, e imprese ed i posti di lavoro. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia