In casa 211 grammi di marijuana: «Scorta personale, non spaccio»

In casa 211 grammi di marijuana: «Scorta personale, non spaccio»
Una scorta per uso personale e non ai fini di spaccio i 221 grammi di marijuana trovati dai carabinieri alla fine di maggio nella casa di una ragazza di Galatina. Lo ha stabilito...

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Una scorta per uso personale e non ai fini di spaccio i 221 grammi di marijuana trovati dai carabinieri alla fine di maggio nella casa di una ragazza di Galatina. Lo ha stabilito il giudice Giovanni Gallo, con la sentenza che ha prosciolto l’imputata dall’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacenti.

La decisione è arrivata nell’udienza preliminare ed ha accolto la richiesta dell’avvocato difensore Maria Pia Scarciglia. Documentata con la giurisprudenza di legittimità ma anche con un certificato medico in cui è stato consigliato alla donna di assumere marijuana a scopo terapeutico. “Il fatto non sussiste”, ha stabilito il giudice, respingendo la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero della Procura di Lecce, Carmen Ruggiero.
Dunque, è consentito il possesso non di pochi grammi ma 221 che - ha chiarito la perizia della Procura - si sarebbero trasformati in circa 217 dosi? Sì. Il giudice Gallo lo ha spiegato nella sentenza. «Se da un lato è provato che la sostanza stupefacente era certamente detenuta da..., non vi sono elementi sufficienti per poter ritenere che la stessa fosse destinata alla cessione a terzi. Per i seguenti motivi: quantità rilevante, ma non incompatibile con una scorta da destinare ad uso personale; la sostanza non era suddivisa in dosi pronte per un’eventuale cessione; non veniva rinvenuto nessuno strumento o materiale idoneo al confezionamento in singole dosi; al momento dell’intervento (o prima o successivamente) dei militari, non è stata segnalata la presenza di eventuali acquirenti presso l’abitazione».
Nessuna prova dello spaccio, insomma, ha stabilito il giudice. Perché nel corso della perquisizione non sono stati trovati bilancini di precisione, pezzi di busta di plastica o carta stagnola, nonché nastro adesivo. Tutte cose puntualmente sequestrate quelle altre volte che gli investigatori hanno controllato la casa di persone poi arrestate e condannate per spaccio. E non c’erano nemmeno banconote in piccolo taglio, ritenuto un altro degli indizi della vendita delle dosi. O un’agenda come pure una rubrica telefonica elettronica con i nomi dei clienti.

Consumo personale, dunque. L’imputata assolta dovrà, ad ogni modo, provvedere ad un’altra scorta, alla luce dell’uso terapeutico certificato dal suo medico: il giudice ha, ad ogni modo, ordinato la distruzione della marijuana sequestrata. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia