«Ho ancora negli occhi quello sguardo gelido che mi fissa dietro il passamontagna e la canna di quel fucile puntata dritta contro di me. Ho pensato davvero che fosse...
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Attimi di panico, infiniti. Trema ancora la voce dell’agente che li descrive. Poche ore fa, c’era anche lui nel portavalori blindato di Cosmopol assaltato, tra Lecce e Tuturano, da un commando armato, quand’era l’alba. Il blocco, gli spari, le grida, il “vuoto” e le sirene delle volanti. «È stato come in un film», ripete la guardia giurata, ancora agitata, mentre prova a scandire quel frammento temporale di una ordinaria giornata di lavoro che sarebbe potuta costargli caro. «L’assalto è durato cinque minuti, ma cinque minuti lunghi un’eternità. Ho avuto paura, paura di morire, - racconta il vigilantes - perché hanno sparato ad altezza d’uomo, un colpo da una parte e un colpo dall’altra».
Erano in due sul mezzo e lui era seduto al fianco di chi lo guidava. È stata probabilmente proprio la sua maggiore esperienza e capacità di controllo a evitare che l’assalto sfociasse in tragedia. «È stata la mia freddezza nel non aprire lo sportello a salvare l’equipaggio. Io – spiega l’agente – sono il capo macchina, responsabile dell’equipaggio. Quando siamo stati fermati, ho visto decine di persone sulla strada. Quattro erano armati e circondavano il nostro mezzo. Due colpi sono stati sparati subito ai nostri finestrini. Poi, un uomo a volto coperto è apparso davanti al mio sportello. Mi ha puntato contro un fucile, era un fucile da caccia, una doppietta. E ha cominciato a urlare: “Apri, apri!”, diceva, ma io non lo sentivo, perché l’abitacolo è insonorizzato, riconoscevo solo il labiale. Gridando, ho subito risposto: “Andatevene, andatevene, non c’è nulla, anche se provo gli sportelli non si aprono”. E ci siamo accasciati sui sedili per evitare di essere colpiti». Il respiro si è contratto, gambe e braccia tremavano: «L’autista si è rifugiato nella parte posteriore del suo edile. L’ho visto sbiancare. Sudavo anch’io ma dovevo adoperarmi; quindi, ho allungato il braccio e ho premuto il tasto “alert” che segnala che c’è una rapina in atto e, per fortuna, dalla centrale, il mio collega è stato pronto a rilevare il segnale e ad attivare l’intervento delle forze dell’ordine con le quali sono riuscito a entrare in contatto, a parlare, con la freddezza richiesta dal caso, e a indirizzarle verso il luogo della rapina. Dopo un quarto d’ora erano lì». Ma nell’abitacolo del mezzo Cosmopol quel tempo non passava mai: «Ho cercato di tranquillizzare il mio collega che sembrava schioccato, ho preso il suo visto tra le mie mani - dice l’agente - e gli ho detto che a breve sarebbe finito tutto e che sarebbe tornato a casa: “Stai tranquillo”, gli dicevo, ma, in realtà, anche io ero molto agitato e continuano a pensare alla mia famiglia. Sono momenti incredibili in cui al cuore basta poco per saltare, bisogna stare calmi».
Dal caos al silenzio, il cambio è stato improvviso. Non avvertendo più presenza nei presi del mezzo, rialzato il capo e rivolto lo sguardo all’esterno del mezzo, il vigilantes riferisce di non aver sentivo più nulla: «Ho pensato che fossero andati via. E, in effetti, sempre con il telefono in mano per indirizzare le forze dell’ordine, sono uscito dal mezzo e ho visto che si dirigevano verso le campagne oltre il guard rail, dove c’era un furgone. Ma, poco prima, ancora, avevo visto una nuvola di fumo che, poi, mi è stato spiegato, era lo zolfo dell’estintore che avevano utilizzato per rimuovere le loro tracce. Per terra c’era una ruota, che era stata smontata, e un crick rotto».
All’arrivo delle forze dell’ordine, sono stati effettuati i primi accertamenti del caso ed è stata organizzata la consegna dei valori trasportati sul mezzo oggetto dell’assalto. Gli agenti rimasti vittime sono stati accompagnati in Questura per le deposizioni. Poi, finalmente il ritorno a casa., dove la famiglia dell’esperta guardia giurata di Cosmopol, che ha ricostruito fin qui l’alba di terrore, era in fortissimo stato d’ansia: «E sì, perché mia moglie stava guardando la televisione e aveva molto tempo prima sentito che un mezzo Cosmopol era stato assalito da un commando armato. Appena sono entrato a casa e l’ho vista, le ho detto subito: “Quel mezzo era il mio, io sto bene, non sono ferito e, per fortuna, ora, tutto è finito”».
Già, per fortuna. Lo ricorderanno a lungo i malcapitati agenti che, non a caso, vogliono cogliere l’occasione per affermare che «tutti i vigilantes hanno diritto a una maggiore sicurezza»: «Noi eravamo in due e questo è un problema – spiega lo stesso agente che, tra l’altro, per conto di Cosmopol è un Rls (responsabile dei lavoratori per la sicurezza) - anche se il decreto in materia prevede che ciò possa avvenire. Questa volta ci è andata bene. Faccio questo lavoro da 25 anni e ne ho viste e vissute tante, ma non a questi livelli. E’ diverso un inseguimento o un ladruncolo di borse. Con Ugl, stiamo lottando da tempo per migliorare le condizioni di sicurezza nei servizi di vigilanza: le unità sui portavalori devono essere almeno tre e tutti i mezzi devono essere sostituiti, perché sono usurati. Le aziende devono cominciare a investire di pi in sicurezza. Noi rischiamo la vita per mille euro al mese e lavorare in queste condizioni è ingiusto oltrechè inaccettabile». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia