Ucciso e poi buttato in mare l'impiegato di Monopoli

Le operazioni di recupero del corpo senza vita
Non è morto annegato l’uomo il cui cadavere è stato recuperato mercoledì sera nelle acque di Monopoli, in provincia di Bari. Questo il primo,...

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Non è morto annegato l’uomo il cui cadavere è stato recuperato mercoledì sera nelle acque di Monopoli, in provincia di Bari. Questo il primo, importantissimo esito dell’autopsia condotta ieri dal medico legale Alessandro Dell’Erba sul corpo. Per sapere con assoluta certezza se si tratti di Paolo Dragone, il 56enne impiegato comunale di Monopoli amico di Enrico Galati, 47enne di Melissano, morto suicida domenica scorsa, bisognerà attendere l’esito dell’esame del Dna. I tempi sono lunghi. Ma ormai ci sono ben pochi dubbi sull’identità del cadavere.


Dunque quell’uomo è stato gettato in mare dopo essere stato ucciso. Non solo: prima spogliato completamente, poi avvolto in una serie di cime e infine assicurato a un mattone, in modo che potesse rimanere sott’acqua. Nella speranza, forse, che nessuno se ne accorgesse. È toccato a un sub, invece, fare la sconvolgente scoperta. Anche perché il corpo si trovava a soli tre metri di profondità, a cinque metri dalla riva, ed era difficile non accorgersene.

L’autopsia ha stabilito inoltre che la morte risale a circa una settimana prima del ritrovamento in mare. Questo dettaglio coincide con le fasi della scomparsa di Dragone: il 56enne, infatti, non aveva dato più notizie di sé dal 19 maggio; il ritrovamento in mare risale alla sera del 25. Nel mezzo, la tragedia che ha coinvolto il melissanese Galati, morto suicida domenica scorsa, dopo essersi gettato sotto un treno nei pressi della stazione di Mola di Bari.
 

I due si conoscevano, a quanto sembra in passato avevano avuto una relazione. E forse si erano visti proprio nelle scorse settimane. Galati, infatti, che ultimamente si era stabilito in Germania, era tornato a Melissano per qualche giorno. Aveva noleggiato un furgone Fiat Qubo, che ora è stato sequestrato dai carabinieri. Sembra ormai certo che la scomparsa (e la presunta morte, visto che non c’è ancora l’ufficialità) di Dragone e il suicidio di Galati siano due circostanze legate a doppio filo. L’ipotesi è che il primo sia stato ucciso in casa: nell’appartamento del 56enne, infatti, sarebbero state trovate tracce di sangue che fanno pensare a una dinamica violenta avvenuta in quelle quattro mura. L’ipotesi seguita dai carabinieri della compagnia di Monopoli è che Galati abbia ucciso Dragone al culmine di una lite e si sia poi disfatto del corpo gettandolo in mare. Si attendono ora gli esiti delle analisi del Dna e dell’arcata dentale. Un ultimo tassello per dare ufficialmente un nome al corpo ritrovato in mare. Dopodiché gli esami dei carabinieri del Ris consentiranno di ricostruire la dinamica dei fatti. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia