Condannati a otto anni di reclusione ciascuno, due funzionari di Equitalia accusati di aver cercato di costringere tre contribuenti a pagare le cartelle esattoriale, nonostante le...
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Il pubblico ministero Stefania Mininni aveva chiesto sei anni di reclusione, l'assoluzione era stata invocata dall'avvocato difensore Gaetano Centonze. Ai tre contribuenti costituitisi parte civile con gli avvocati Cinzia Vaglio, Amilcare Tana, Piero Coluccia e Giuliano Fina, i giudici della prima sezione penale (presidente Francesca Mariano) hanno concesso una provvisionale di 5.000 euro.
L’inchiesta prese le mosse dalle denunce presentate dai tre contribuenti. I loro mancati pagamenti di un’infrazione al codice della strada, di una tassa dei rifiuti e dell’Irpef erano giunti all’attenzione di Equitalia, la società incaricata della riscossione dei tributi. Valore complessivo delle cartelle circa 17mila euro. Nel frattempo, però, i tre contribuenti avevano concordato una soluzione con gli enti creditori. Da Equitalia, tuttavia, erano state inviate le cartelle con cui si sollecitava il pagamento degli importi e si minacciava l’adozione di azioni legali e il fermo dell’automobile.
Ma l’agenzia che si occupa della riscossione sapeva oppure no che nel frattempo si stava trovando un accordo fra enti creditori e debitori? Sì, secondo l’accusa. Che ha sostenuto che Equitalia fosse stata messa al corrente della decisione del giudice di pace che aveva annullato la multa all’automobilista, che fosse stata informata della sospensione della cartella di pagamento da parte della Commissione Tributaria, che fosse stata notiziata dell’avvio di una conciliazione giudiziale con il Comune.
Il difensore dei due funzionari di Equitalia ha sostenuto invece una tesi contraria: l’avvocato Gaetano Centonze, anzitutto, ha chiesto una sentenza di assoluzione perché nella loro condotta non ci sarebbe stato alcun fatto di rilievo penale. Il legale ha cercato di dimostrare che né il Comune, né la Prefettura di Roma né la Commissione tributaria avevano comunicato la sospensione del procedimento o l’avvio di una conciliazione. E che, in assenza di queste informazioni, l’iter per la riscossione dei tributi era stato messo in moto.
Dopo le denunce dei tre contribuenti, raccolte dai carabinieri del Nucleo investigativo, la Procura ottenne il sequestro preventivo delle cartelle “incriminate”. Ieri la sentenza che ha previsto anche la sospensione del rapporto di lavoro. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia