Stop a burocrazia e vincoli. E il Sud tornerà a crescere

Stop a burocrazia e vincoli. E il Sud tornerà a crescere
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Burocrazia, in buona parte, ed una classe dirigente incapace negli anni di sovrapporre ai tecnicismi della Pubblica amministrazione, politiche in grado di favorire il riscatto del Sud, dall'altra. Responsabilità circoscritte e non “in astratto”, lontane anni luce dallo spirito che animava figure come Guido Dorso (storico, politico e studioso avellinese), che, sottolinea Nicola Squitieri (presidente dell'associazione che ne porta il nome) “esprimeva tutte le sue più vive speranze per il tanto agognato riscatto delle genti del Sud, attraverso quel meridionalismo rivoluzionario che dovrebbe ispirare, oggi più che mai, l'azione dei governi”.


Spunti e riflessioni, tra critica e speranza, quelli emersi ieri nel corso della prima giornata di lavori del convegno di studio promosso dall'Associazione internazionale "Guido Dorso", in collaborazione con l'Osservatorio Banche Imprese (Obi) e Il Nuovo Quotidiano di Puglia", sul tema "Il Mezzogiorno nello spazio Euro-Mediterrnaeo, gli scenari globali e il piano italiano Industria 4.0". Stamane la chiusura, con l’intervento del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.

Molte le riflessioni emerse durante il seminario, condotto dal direttore di Quotidiano Claudio Scamardella ed in corso presso le Officine Cantelmo di Lecce - che mettono in evidenza luci e ombre di un Sud
comunque in ripresa e che può farcela, come ha sottolineato nel saluto istituzionale Simona Manca, in rappresentanza della Provincia di Lecce. Slide e numeri, ad animare il confronto tra esperti e studiosi: «Dopo anni di recessione ci sono spiragli che lasciano intravedere una ripresa. Ma rispetto al crollo del Pil negli anni della crisi (-15%) il passo è ancora troppo lento», spiega Delio Miotti (dirigente della Svimez).

«E le ragioni - aggiunge - sono piuttosto evidenti. Il Mediterraneo è tornato al centro dello sviluppo. E da qui ai prossimi 50 anni lo sarà ancora di più. Peccato che ad oggi lo hanno capito solo i cinesi, che non a caso stanno investendo in quei Paesi, al contrario dell’Italia. Qui il paradosso: di fronte alle nostre coste c'è' lo sviluppo. E noi ci lasciamo scavalcare dall'Europa e dalla Cina, pur avendo la materia prima, le capacità e le potenzialità per risultare decisive e recitare un ruolo di primo piano».

Analisi che spinge Antonio Corvino, direttore generale dell' Obi, a rimarcare: «I cinesi, in verità, sono arrivati, con i loro progetti d'investimento, a Taranto, prima ancora che nel resto del Mediterraneo. Siamo stati noi, semmai, incapaci a trattenerli. È arrivato, dunque, il momento di sciogliere i nodi che frenano lo sviluppo del Sud. A partire dal rinnovo della classe dirigente: c'è bisogno di energie che sappiano affrontare la questione Meridionale come sino ad oggi non è stato ancora fatto. Non ne usciremo continuando a manifestare atteggiamenti lamentosi. Dobbiamo progettare, con entusiasmo, un futuro che veda il Mezzogiorno protagonista. L'Italia per fortuna sta iniziando a contrapporsi alle politiche di austerità dell' Europa. È un primo passo. Ma servono ancora molti investimenti per scongiurare le previsioni che vogliono la crescita del Sud troppo lenta in prospettiva del 2020. Due le priorità, due le parole d'ordine: esternalizzazione e industrializzazione».

Nell'ottica, evidentemente, della tecnologia e dell'innovazione. Ma proprio rispetto alla quarta rivoluzione industriale pianificata dal governo, Massimo Lo Cicero (docente di Economia presso l'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), mette in guardia: «Peccato che l'industria 4.0 che l'Italia sta programmando, sia stata già lanciata dai tedeschi nel 2003. Ci stiamo arrivando. Ma un decennio dopo. Nel frattempo le advanced economy (Cina, Giappone, Malesia) crescono ad un tasso doppio rispetto all'Italia».

Così le analisi di natura economica si intrecciano con l'attualità politica. E con il dibattito
sulle riforme,  «Nel 2014, il nostro Pil è tornato a crescere ma ora si sta di nuovo appiattendo. E c'è una ragione: le riforme che il governatore Mario Draghi, Presidente della Banca centrale europea, chiede a gran voce sono di carattere economico, mentre il Paese rischia di impantanarsi su una riforma di carattere costituzionale che ci sta dividendo e che nulla ha a che vedere con la ripresa industriale e lo sviluppo del Mezzogiorno».

Ma l'assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Loredana Capone, rivendica la distinzione tra cattiva e buona politica: «Qui in Puglia, non a caso evidentemente, c'è un tessuto favorevole alla nascita di start up. Per noi il piano Industria 4.0 da tempo è una missione: finanziamo solo la buona impresa, quella che investe in innovazione tecnologica e che forma i propri dipendenti».
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Quotidiano Di Puglia