«Avrei preferito vincere il David come miglior film». Il produttore neretino Attilio De Razza è un uomo pragmatico. Sarà per il suo passato da coach di...
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Diretto da Edoardo De Angelis, “Indivisibii”, il film che racconta la storia toccante di due gemelle siamesi napoletane, Dasy e Viola, ha collezionato sei David: miglior sceneggiatura originale, miglior attrice non protagonista (Antonia Truppo), miglior musicista e miglior canzone (entrambi a Enzo Avitabile), miglior costumista e, appunto, miglior produttore. Sei, tanti quanti ne ha collezionati “Veloce come il vento” di Matteo Rovere e uno in più di quelli che porta a casa Paolo Virzì per “La pazza gioia”, premiato come miglior film.
Dopo questa soddisfazione, De Razza – che è anche il produttore storico di Ficarra e Picone – annuncia che girerà il suo primo film in Puglia, con Nuzzo e Di Biase.
Quali sono le sue emozioni per aver vinto il David?
«Devo dire che non ci credevo e neanche lo volevo, perché, in genere, chi vince il premio come miglior produttore, poi non vince quello per il miglior film, e così, infatti, è stato. “Indivisibili” era, oggettivamente, il più bello della passata stagione. E poi, diciamoci la verità, quello che rimane negli annali è il miglior film e tu, comunque, sei stato il produttore del miglior film di quell’anno. Detto ciò, non posso che essere soddisfatto, in ogni caso, per un film che è stato il più premiato insieme a “Veloce come il vento”, sebbene mi rimanga il rammarico per il mancato riconoscimento anche alla regia di Edoardo, che lo avrebbe meritato».
Già prima che “Indivisibili” fosse presentato in anteprima alla Mostra di Venezia, lei lo definì “una bomba”.
Come ha capito che questa storia colpiva nel segno?
«Questo è un film complicato, forte, dove non si ride ma che provoca emozioni che ti rimangono dentro. Il progetto è nato così: Edoardo e Pierpaolo, che sono molto amici, sono venuti a parlarmi dell’idea per il nuovo film che trattava della linea di demarcazione fra il bene e il male e di una possibile ambientazione in Brasile. Dopo averci lavorato su, sono tornati da me e mi hanno raccontato la storia di Dasy e Viola che non c’entrava nulla con quello che io aspettavo. Invece di dirgli di non passare più dal mio ufficio, ho capito che quel racconto mi aveva emozionato già solo sentendolo e abbiamo dirottato il budget in quest’altra direzione».
Come si affina questo intuito?
«Il cinema non è una scienza esatta. Anche se con qualcuno sta andando bene, ci può essere sempre un film che non si rivela quello giusto. Probabilmente, venendo dalla pallacanestro, ho solo l’attitudine a capire i margini di miglioramento di alcuni giocatori in campo».
Qual è il percorso che l’ha portata dal basket al cinema?
«Lo rivelo qui per la prima volta. Anche se qualcuno ci rimarrà male, io ero il più bravo degli allenatori di pallacanestro del Salento, eppure tutti gli altri allenavano sempre squadre più importanti delle mie. Un giorno, mi sono detto: basta, cambio tutto. Ero in cerca di lavoro e mia sorella mi ha messo in contatto con una società di eventi di Bari, così ho conosciuto Toti e Tata, sono diventato il loro agente e poi quello di molti altri comici importanti. Mi sono trasferito a Roma, sono diventato produttore ed eccomi qua. Forse, quindi, devo ringraziarli tutti quelli che mi hanno superato come allenatore».
I suoi due alfieri, Ficarra e Picone, come l’hanno festeggiata?
«Ficarra mi ha mandato un messaggio con un epiteto secco e poco carino che mi ha subito riportato con i piedi per terra. Picone, invece, è stato più gentile».
Ha già un nuovo progetto su cui sta lavorando?
«Sì, e sarà un progetto interessante per la mia terra. Si tratta di un road movie comico da Milano a Tricase con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase. Sarà anche il mio primo film ambientato in Puglia. Speriamo bene». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia