Era bella Sonia sull’altare. Stretta nell’abito bianco e vaporoso, pizzi e merletti. Sorridente. Felice. Come Massimiliano. Vestito di scuro, silhouette da...
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Storia di fronte alla quale non è rimasta insensibile una delle società (Giallo Oro srl) operanti nel settore compro oro, che regalerà alla coppia due nuove fedi.
L’idea di cedere il bene più prezioso che avessero in casa è stata di Massimiliano. «Io non le avrei vendute», dice Sonia con la voce flebile e lo sconcerto negli occhi impauriti dalle privatezze e dalla vergogna che si porta nell’animo e che affiora più forte che mai ora che si vede costretta a mettere in piazza i suoi tormenti.
La coppia ha tre figli maschi, Nicolas (21 anni), Leonardo (20) e Alessandro (10). E un cane trovatello strappato sette mesi fa ai pericoli della strada. L’umanità è di casa in questo appartamento di una palazzina popolare di piazzale Cuneo, “Zona 167”, là dove il paesaggio della città è fatto da blocchi di cemento armato, di servizi neanche l’ombra, e con centinaia di vite appese al filo dell’indigenza. Il figlio più piccolo il 23 luglio scorso aveva regalato tutti i suoi risparmi, racimolati mettendo insieme i centesimi, al nonno, raggiunto da un’ingiunzione di sfratto. Un gesto di generosità enfatizzato sui giornali dall’Associazione “Pronto soccorso dei poveri”, la stessa che ieri ha portato alla ribalta dei media la storia delle fedi vendute per un tozzo di pane e che ha lanciato un appello alle persone di buona volontà o, più laicamente, di umana solidarietà, affinché si rendano protagoniste di un gesto semplice: contribuire a riempire la dispensa di casa della sfortunata famiglia con una piccola spesa alimentare.
Nel condominio alle 12 era tutto un miscuglio di odori di cucinato e bollire di pentole. In casa di Sonia e Massimiliano la desolazione. Piatto unico, anche il pranzo di oggi (ieri per chi legge, ndr), spaghetti con olio. Non ci sarà secondo. Non c’è verdura, meno che mai frutta. «Il mangiare è controllato», dice a denti stretti il signor Massimiliano. Nelle vicinanze dell’abitazione c’è un colosso della distribuzione, sono anni che la coppia non ci entra. Vivono coi pacchi alimentari della Caritas di don Attilio Mesagne, dei pasti serali forniti dalla parrocchia san Massimiliano Kolbe di don Antonio Murrone; dell’aiuto dell’Emporio della solidarietà della Comunità Emmanuel di padre Mario Mariafioti dove l’accesso è a rotazione e per massimo tre mesi tra le centinaia di famiglie che a Lecce hanno problemi simili.
È così dal 2012 per Sonia e Massimiliano. Da quando la ditta di marmi nella quale l’uomo era assunto ha chiuso e pure i lavoretti occasionali sono venuti meno. Disoccupati anche i figli, precarizzati a oltranza anche quando in estate qualche bar li chiama. L’unica entrata mensile certa sono i 250 euro rivenienti dall’indennità di frequenza che viene corrisposta per il solo periodo scolastico al piccolo di casa per via di una disabilità di cui soffre legata al linguaggio. Si può vivere così? Con la luce che viene puntualmente staccata. Con gli arretrati di fitto e condominio che pesano come un macigno, alimentando paure e vergogna. Con le visite mediche a occhi e cuore da fare urgentemente soggette ai tempi lungi delle liste di attesa, anche di due anni.
La coppia si è rivolta ai servizi sociali, per un aiuto, ricevendo in cambio un niet. E ora è in attesa di vedere se è tra i “fortunati” beneficiari del reddito di dignità promosso dal governo regionale a cui ha presentato domanda. «Ad oggi non è arrivata alcuna comunicazione». E pensare che ha già in mente cosa offrire in cambio: un lavoro di giardiniere, possibilmente nel quartiere in cui vive, là dove gli operai della Lupiae servizi, che gestisce anche questo settore, non si vede mai”. Spariti anche loro. Come le fedi nuziali. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia