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VERBANIA - Le perizie tecniche per chiarire le cause del disastro del Mottarone saranno lunghe e laboriose, ma un primo fronte di responsabilità inizia a delinearsi. Ieri pomeriggio gli investigatori hanno cominciato ad ascoltare sei dipendenti della funivia, che fa capo alla Ferrovie Mottarone srl dell’imprenditore Luigi Nerini, compresi gli addetti che si occupano del funzionamento e soprattutto chi cura la manutenzione.
INTERROGATORI
In serata l’avvocato Canio Di Milia si è presentato alla caserma dei carabinieri di Stresa, segno che alcuni dipendenti entrati come persone informate sui fatti per essere ascoltate dagli investigatori sono state nel frattempo iscritte al registro degli indagati. «Se il sistema frenante non si aziona, la cabina torna indietro. Si calcola lo abbia fatto a oltre cento chilometri orari. La pendenza che cambia a quella velocità ha fatto da trampolino e la cabina è saltata per aria a cento all’ora, facendo un volo di 54 metri, e poi è ancora rotolata per qualche decina di metri», è la dinamica dell’incidente ricostruita dall’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte, Marco Gabusi.
Incidente funivia Mottarone, cos'è il "forchettone" e perché non doveva essere lì
Per questo motivo, secondo i piani di manutenzione, le funi sono sottoposte a un controllo magnetoscopico. In pratica, la fune viene sottoposta a un campo magnetico con uno speciale toroide, una sorta di anello: l’analisi dell’onda elettromagnetica di ritorno permette di evidenziare eventuali anomalie da indagare. Ma come sottolinea un ingegnere specializzato del settore, «impianto e funi hanno vita indipendente, queste ultime vengono collaudate ogni anno e grazie al magnetoscopio è possibile verificare se ci sia una variazione della sezione metallica del diametro». Ma per quale motivo si spezza un cavo? Un’ipotesi è quella del fulmine, frequente in montagna: «Provoca una microfusione locale con il deterioramento delle proprietà meccaniche». Altra ipotesi è un difetto di corrosione oppure un difetto di resistenza causato dai morsetti di ancoraggio al carrello della cabina. «La rottura della fune traente è sicuramente anomala. Quelle funi sono in acciaio, vengono controllate tutti gli anni con gli strumenti ad hoc, e in più ci sono i controlli visivi. Sono fenomeni lenti, di usura, di corrosione», riflette Bruno Dalla Chiara, docente del Dipartimento di Ingegneria, Ambiente e Territorio del Politecnico di Torino.
I FRENI
Il secondo elemento è il freno che non ha agito. «Se mai dovesse capitare un fatto come questo il veicolo si deve fermare, ma non è avvenuto. Quindi, i fatti sono due - osserva il docente - Una rottura del tutto anomala e il mancato intervento del freno». Che stando a quando emerge dai primi risultati delle indagini sarebbe conseguenza di un forchettone che, durante la manutenzione, viene agganciato per lasciare aperte le ganasce del freno di emergenza. Un errore umano, insomma. «I margini ci sono sempre - dice l’esperto - Purtroppo, in questa tragedia, si è verificata una concomitanza di cause. Ma la funivia resta uno dei mezzi più sicuri. Se le case hanno un coefficiente di sicurezza a due, questi impianti superano il quattro».
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Quotidiano Di Puglia