LECCE - Un intervento chirurgico eseguito male ha spinto una donna di Lecce a citare in giudizio la Asl: il Tribunale le ha dato ragione, disponendo nei suoi confronti un...
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Nel lontano 2002 la signora N.M., all'epoca sessantanovenne, mentre percorreva il piazzale Livorno in Lecce, cadeva rovinosamente a causa di una buca. Trasportata presso l'Ospedale “V. Fazzi” di Lecce, i medici del reparto di Ortopedia le diagnosticavano una lussazione al gomito destro e di radio e ulna sull'omero, con “frattura diastasata del capitello radiale dell'apice del processo coronoide” e procedevano alla mera riduzione della lussazione e applicazione del gesso. Ma i dolori continuavano, e la donna veniva successivamente sottoposta ad intervento di asportazione del capitello radiale con impianto di protesi metallica di capitello cementata e, con il persistere dei disturbi, qualche mese dopo veniva nuovamente ricoverata e sottoposta ad ulteriore intervento chirurgico con rimozione della protesi.
La vittima è riuscita a dimostrare, grazie a una consulenza di parte, oltre alla genericità del consenso informato prestato (esistendo nella cartella solo un modulo prestampato di consenso al trattamento chirurgico privo di qualsiasi riferimento sia al paziente che alla tipologia del trattamento prescritto), gli errori di scelta e di esecuzione delle prestazioni che, oltre a determinare la necessità di sottoporsi a reiterati trattamenti chirurgici, hanno procurato un danno permanente alla paziente.
Dopo un iter giudiziario durato circa otto anni, ora è finalmente arrivata la sentenza (ancora non passata in giudicato) che le rende giustizia affermando, sulla scorta delle risultanze peritali richiamate, che, in base ai dettami delle moderne acquisizioni specialistiche "la frattura diasastata del capitello radiale complicata da lussazione di gomito deve essere trattata con un unico, tempestivo intervento chirurgico”. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia