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La Procura di Foggia ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro poliziotti del Reparto prevenzione crimine della Calabria settentrionale, all'epoca dei fatti impiegati presso la Questura di Foggia, accusati, a vario titolo, di lesioni personali, concorso in falso e calunnia aggravati.
Cosa successe
I fatti risalgono al 2 aprile del 2022 e fanno riferimento all'aggressione di Leonardo Di Francesca, il 23enne che fu bloccato ed arrestato al termine di un inseguimento in auto dopo aver forzato un posto di blocco a Foggia: il giovane fu immobilizzato per terra e picchiato da uno degli agenti, come documentato da un video diventato virale sui social.
La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal pubblico ministero Matteo Stella, riguarda Massimo Ziccarelli, 54enne sovrintendente capo della polizia di Stato, il viceispettore Francesco Borrelli, di 53, e gli assistenti capo Massimiliano Trozzo, di 49, e Mario Arcuri, di 55. Ziccarelli - secondo l'accusa - «abusando dei propri poteri» avrebbe colpito «con un calcio e degli schiaffi al volto» il 23enne dopo l'arresto in flagranza per resistenza a pubblico ufficiale provocandogli lesioni guaribili in sei giorni. I quattro, in concorso tra loro, nel redigere il verbale di arresto, avrebbero «attestato falsamente» che il 23enne «alla loro presenza nel cercare di dileguarsi, cercava di colpire gli operatori con calci e gomitate» e in particolare che «Ziccarelli dopo essere stato colpito si difendeva cercando di bloccare a terra» l'uomo.
L'accusa
Inoltre, non solo avrebbero incolpato il 23enne «di resistenza a pubblico ufficiale pur sapendolo innocente» ma avrebbero anche «omesso di riportare che Ziccarelli, non appena raggiunto il fuggitivo e senza che questi lo sfiorasse minimamente in quanto già immobilizzato al suolo, lo colpiva gratuitamente al volto con un calcio e tentava di colpirlo ulteriormente, suscitando i conseguenti tentativi dell'arrestato di proteggersi». Per il sostituto procuratore si tratta di reati compiuti «con l'aggravante di aver commesso il reato al fine di assicurare a sé o ad altri l'impunità».
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