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“Norma” di Bellini, “Ariodante” di Haendel, “Aladino e la lampada magica” di Rota sono le tre opere scelte dal Festival della Valle d’Itria per il cinquantenario della sua programmazione. Rispettano, come sempre, un arco temporale della musica, dal Settecento al Novecento, e le linee guida di una manifestazione ritenuta tra le maggiori della cultura italiana. Appuntamento il 17 luglio nel Palazzo Ducale di Martina Franca e nei giorni successivi in altri luoghi-simbolo della cittadina e nella sua splendida campagna, dove in mezzo secolo tutto è mutato anche grazie al Festival, come ha sottolineato Gianfranco Palmisano, sindaco di Martina Franca, intervenendo ieri al Piccolo Teatro di Milano alla prima delle conferenze stampa (la prossima a Roma, tra meno di un mese) per la presentazione del cartellone e trovandosi d’accordo con Roberto Venneri, segretario generale della presidenza della Regione Puglia in rappresentanza di Michele Emiliano. A Venneri il merito di aver sottolineato le sinergie che il Festival in questi decenni ha saputo creare in Puglia facendo riferimento esplicito al Petruzzelli. Ma non andrebbe esclusa l’Orchestra della Notte della Taranta, che una volta ha trovato posto su questo palcoscenico al quale, più presto di quanto si pensi, verrà donato come amico per la strada da percorrere un auditorium della musica: parola di sindaco.
Il cartellone
Il cartellone di questo Festival - che il presidente Michele Punzi ha definito forte, libero, coraggioso - è stato illustrato dal direttore artistico Sebastian F.Schwarz.
La scelta è caduta su “Norma”, che rappresenta nella storia del Valle d’Itria il primo dei successi filologici ai quali è stato abituato il pubblico. Senza scendere nei dettagli dell’attribuzione “per due soprani” a lungo sventolata e sulla quale farà chiarezza il maestro Luisi nella sua “lezione d’opera” (il 19 luglio, alle 21, nel chiostro di San Domenico), basti sapere che si ripropone questo capolavoro secondo lo schema ideato dal compositore per la prima del 1831 alla Scala: voce scura per Norma, voce chiara per Adalgisa, sua rivale in amore. Si cimentano nell’impresa i soprani Jacquelyn Wagner e Valentina Farcas, mentre il tenore Airam Hernandez è Pollione, l’amato. “Norma”, più volte diretta all’estero da Luisi, rappresenta questa volta per lui quasi la prova generale di quella che dirigerà alla Scala nella prossima stagione. Alla Scala, con tutte le sue periodiche presenza, si apparenta anche il regista Leo Muscato, martinese d’origine: a lui il Festival ha commissionato il docufilm “L’utopia della Valle” (23 luglio) scritto con il giornalista Massimo Bernardini (che sta per lasciare la conduzione di “Tv Talk”) e Laura Perini, con la consulenza musicale di Carla Moreni. In tutto il resto della programmazione serpeggia il talento, l’identificativo del Festival. Il barocco dell’“Ariodante” diretto da uno specialista, Federico Maria Sardelli; il Novecento di Nino Rota, con il soprano Claudia Urru e il basso Francesco Maria Romano, sul podio Francesco Lanzillotta, per l’“Aladino”, non nuovo da queste parti perché realizzato un pugno di anni fa dal conservatorio di Monopoli ma ottimo grimaldello per inserire il Coro delle Voci bianche diretto da Angela Lacarbonara. Scortano direttori e interpreti l’Orchestra e il Coro del Petruzzelli, l’Orchestra Barocca Modo Antiquo, l’Ico Magna Grecia (per il concerto finale del 6 agosto) e tre registi: Nicola Raab, Torsten Fischer, Rita Cosentino. Poi c’è tutto il resto (arte e convegni inclusi), compresa l’inaspettata incursione delle drag queen per uno spettacolo teatrale di Francesco Micheli. Una ventata di follia che occorre accogliere con benevolenza per rimanere sani e soprattutto ricchi di fantasia.
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