Morte del marinaio brindisino Alessandro Nasta sulla Vespucci: attesa la sentenza dopo 11 anni

La nave Vespucci nel porto di Brindisi
«Sono undici anni che attendo giustizia per mio figlio. Ed ora, finalmente, è arrivato il momento della verità». Sono parole che arrivano da Marisa...

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«Sono undici anni che attendo giustizia per mio figlio. Ed ora, finalmente, è arrivato il momento della verità». Sono parole che arrivano da Marisa Toraldo, madre del marinaio brindisino Alessandro Nasta morto a 29 anni il 24 maggio del 2012 cadendo da un altezza di 15 metri da un albero della nave scuola Amerigo Vespucci durante la manovra di chiusura delle vele al largo dell’Argentario, a 40 miglia a Nord di Civitavecchia.

Il processo e la ricerca della verità

La vita di Marisa Toraldo non è più la stessa da allora, ogni giorno che passa spera di abbreviare l’attesa di una sentenza di giustizia. Per il suo Alessandro rappresentato in una foto tenuta nello stato di Whatsapp con accanto un’immagine dell’Amerigo Vespucci e le parole che sintetizzano un sogno finito in tragedia: «Alessandro si è arruolato in marina alla ricerca di un posto al sole...fortunato si sarebbe pensato....non dimentichiamo #giustiziaperalessandro#». Marisa Toraldo è parte civile con il marito Pietro e la figlia Federica (assistiti dagli avvocati Massimiliano Gabrielli ed Alessandra Guarini) nel processo in corso nel Tribunale di Civitavecchia che oggi arriverà a sentenza con la giudice Vittoria Sodani. La camera di consiglio inizierà al termine delle discussioni delle difese e dei legali di parte civile e dopo che nella scorsa udienza il pubblico ministero Federica Materazzo aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati per l’ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ossia la mancanza di dispositivi che avrebbero potuto impedire o attenuare la caduta, la mancata formazione dei marinai sulla prevenzione e la circostanza che Alessandro Nasta sarebbe stato fatto salire su quell’albero da dove poi trovò la morte nonostante fosse smontato dal turno iniziato alle 4 dello stesso giorno.

Le presunte responsabilità dei superiori

Un anno e due mesi di reclusione sono stati chiesti per gli ammiragli Giuseppe De Giorgi, 70 anni, nativo di Napoli, capo di Stato Maggiore della Marina; e Luigi Binelli Mantelli, 72 anni, nativo di Breno (in provincia di Brescia), capo di Stato Maggiore della Marina. Un anno e dieci mesi per l’allora comandante della Vespucci, Domenico La Faia, 59 anni, nativo di Napoli; e per l’ammiraglio Bruno Branciforte, 75 anni, nativo di Napoli anche lui, capo di Stato Maggiore della Marina. Per tutti vale la presunzione di non colpevolezza fino al pronunciamento dell’ultimo grado di giudizio. La Faia viene indicato datore di lavoro e per questo l’accusa ritiene che non avesse redatto il documento di valutazione dei rischi, che non avesse tenuto conto che Alessandro Nasta avesse terminato il suo turno, che non gli avesse fornito i dispositivi di protezione individuale. Ed ancora, ciò che contesta l’inchiesta ed il processo dovrà appurare è anche la mancata formazione sulla prevenzione degli infortuni e il non avere previsto attrezzature adeguate per operazioni in quota come quelle dell’imbragatura delle vele. L’ammiraglio De Giorgi è a processo per difendersi dall’accusa di non avere redatto il documento di valutazione dei rischi, nelle vesti di comandante in capo della squadra navale Cincnav. Ed inoltre in qualità di capo di Stato Maggiore, al pari degli ammiragli Branciforte e Binelli Mantelli, di non avere fatto applicare sia il Tuls del 2008 che il decreto del residente della Repubblica del 2010 sulla prevenzione degli infortuni.

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Quotidiano Di Puglia