Il calvario di un operaio in pensione. L’inspiegabile preavviso di ipoteca da quasi 27 milioni di euro, che si scoprirà poi riconducibile al fratello deceduto. La...
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Vive con una pensione molto bassa, poco più di quella “sociale”. La sua giovinezza l’ha spesa nelle fabbriche. Tutto pur di mandare avanti la famiglia e non far mancare niente alla moglie. Dopo anni di sacrifici, pensa di poter godere almeno di un po’ di tranquillità e, invece, gli arriva una batosta che ha del surreale.
E’ l’aprile 2016. Una giornata come tante, quando a casa di Franco, nome di fantasia, arriva una lettera. L’uomo la apre. Legge ciò che c’è scritto nel documento e non può credere ai suoi occhi, quasi sviene.
Su quel foglio si parla di un’obbligazione tributaria a suo carico da 26.719.859, 97 euro. Quante cifre. Franco non ne ha mai viste tante insieme. Strabuzza gli occhi. Forse ha letto male. E, invece, no. Ha capito benissimo. Equitalia gli pignorerà beni per quasi 27milioni di euro se non paga.
Il panico. Il 65enne si rivolge immediatamente agli avvocati. Bussa alla porta dello studio legale Ancora-Di Pierro di San Vito dei Normanni. E’ intenzionato a venire a capo della questione. Per lui la faccenda è al dir poco assurda. Racconta a quelli che presto diventeranno i suoi difensori, di non aver mai ricevuto in precedenza alcuna richiesta di questo tipo da parte dell’ente.
La squadra si mette subito a lavoro e prepara il ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro l’estratto a ruolo.
Il procedimento parte a maggio. Equitalia si costituisce in giudizio a luglio e dichiara di aver seguito la procedura standard e spiega che la pratica era in origine addebitata al fratello di Franco, e che alla morte di questi, l’ente si è rivolto al successore. Non solo. Asserisce che all’anziano sarebbero stati notificati prima una cartella esattoriale, poi un’intimazione di pagamento e solo infine il preavviso di ipoteca. Ne da prova depositando in aula quelli che sostiene siano i documenti ufficiali relativi al procedimento.
Quindi, stando a quanto sostenuto dall’ente, Franco sapeva del debito ed il suo ricorso è inammissibile.
Dopo la querela di falso, una nuova udienza si tiene a novembre. E, inaspettatamente, il procuratore in giudizio di Equitalia esibisce l’atto di rinuncia all’eredità con il quale, nel 2009 Franco registra in Tribunale di non essere interessato a godere dei beni lasciati dal fratello. Un documento risalente a 8 anni prima. Contestualmente l’ente di riscossione mette agli atti la propria rinuncia alla pretesa.
Un mese dopo, alla successiva udienza chiede la decadenza del contendere, data la risoluzione offerta a novembre. Gli avvocati di Franco non possono fare altro, chiedono il pagamento per il lavoro svolto fino a quel momento e la condanna di Equitalia alla corresponsione delle spese di giudizio.
Finalmente, dopo tanta tribolazione, arriva la sentenza. Vengono accolte anche le richieste dei difensori.
Nelle motivazioni si legge: “La rinuncia all’eredità, indicata quale motivo di sgravio, risale al novembre 2009, per anni il carico tributario è stato tenuto sul ruolo della riscossione, costringendo il contribuente a rivolgersi al giudice prima del provvedimento di sgravio che, con la dovuta diligenza, si sarebbe potuto e dovuto effettuare molto tempo prima”. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia