BRINDISI - Al termine di un processo per reati ambientali, per l’interramento negli uliveti del Brindisino dei fanghi provenienti dalla dismissione del sito Belleli di...
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Si tratta del giudizio sorto dall’inchiesta dei carabinieri del Noe di Lecce, coordinata dal pm Giuseppe De Nozza, per la gestione di discariche non autorizzate e il trasporto di rifiuti speciali pericolosi.
Nel corso delle indagini furono sottoposte a sequestro cinque diverse aree coltivate a uliveti e frutteti e ricadenti a metà strada tra i territori di Brindisi e Mesagne: una di 10.000 metri quadri, un’altra di 17.000, una 300 e infine due terreni di 20.000 metri quadri complessivi.
Secondo quanto accertato il materiale di risulta interrato fra gli ulivi era costituito oltre che dai fanghi di dragaggio anche da plastiche ed inerti da demolizioni edili e non sarebbe stato utilizzabile per ripristini ambientali in terreni agricoli, essendo i fanghi impiegabili solo per ricolmamenti in aree ad uso industriale con falda acquifera naturalmente salinizzata. I fanghi derivavano dall’intervento di messa in sicurezza e bonifica della falda superficiale nell’area ex Belleli, a ridosso dell’Ilva, in cui la “Belleli offshore”, a partire dal 1981, ha svolto attività di sabbiatura, verniciatura e assemblaggio di elementi di piattaforme petrolifere. Il giudice ha riconosciuto al ministero dell’Ambiente un risarcimento del danno da quantificarsi dinanzi al Tribunale civile.
Sono stati condannati: Francesco e Massimiliano Vinci; Anthony Gatti, Maurizio Carlucci, Vito Messi e Vincenzo Montanaro. Assolti Antonio Montanaro, Gino, Maria Francesca e Alessandro Campana, proprietari dei terreni ritenuti “inconsapevoli” rispetto a quanto avveniva negli stessi. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia