La Cassazione conferma: «Parcheggiatore abusivo agevolava il clan della Scu»

Secondo l’accusa l’uomo, di stanza nel parcheggio dell’ospedale Perrino, aveva incassato gli spiccioli degli avventori «per conto e nell’interesse del sodalizio»

La Cassazione conferma: «Parcheggiatore abusivo agevolava il clan della Scu»
Concorso esterno in associazione mafiosa, anche l’attività di parcheggiatore abusivo se ci sono ragioni per ritenere che il denaro possa finire nelle casse della Scu....

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Concorso esterno in associazione mafiosa, anche l’attività di parcheggiatore abusivo se ci sono ragioni per ritenere che il denaro possa finire nelle casse della Scu.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso della difesa di Giuseppe Monteforte, 38 anni, condannato con le attenuanti generiche a 4 anni e 5 mesi. Secondo l’accusa l’uomo, di stanza nel parcheggio dell’ospedale Perrino, aveva incassato gli spiccioli degli avventori «per conto e nell’interesse del sodalizio» facente capo ai boss Francesco Campana e Giovanni Donatiello. 
La difesa, sostenuta dall’avvocato Antonio Liagi, ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello del gennaio 2023. In primo grado l’uomo aveva scelto di essere giudicato con rito abbreviato. Il legale ha sostenuto che il rapporto di parentela con persone ritenute collegate alla Scu, non fosse sufficiente a sostenere che l’attività svolta (in contatto, a quanto contestato, con il congiunto) venisse condotta in nome e per conto dell’associazione criminale, anche se con un contributo “esterno”.

I dettagli

«Nel caso in esame - scrivono gli Ermellini - dal complesso delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si evince che il parcheggio, su cui il ricorrente - come dal medesimo ammesso - ha svolto attività abusiva, era un’area in cui si esplicava il controllo del sodalizio, atteso che la sua gestione, pur se non effettuata dal clan era comunque garantita da quest’ultimo». L’imputato, sarebbe risultato, «non inserito stabilmente nella struttura organizzata dell’associazione» ma comunque in grado di offrire «un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo». Della Scu, a quanto si evince dalla sentenza, avrebbero fatto parte alcuni suoi paren ti, ma egli «attraverso l’attività di posteggiatore abusivo svolta aveva fornito un concreto ausilio al clan, nella consapevolezza che gli derivava dal rapporto con il famigliare e dalla fama criminale dello stesso». 
Il blitz in cui fu coinvolto risale al 25 settembre del 2021. Furono arrestate otto persone, altri cinque indagati furono sottoposti all’obbligo di firma. Nel mirino della Squadra mobile e della Dda di Lecce (pm Giovanna Cannarile), una frangia della Scu tuttora riconducibile a Pino Rogoli, il fondatore e i suoi due capi, i “boss” Francesco Campana e Giovanni Donatiello. 
Le accuse contestate a vario titolo erano di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni con metodo mafioso, lesioni gravi, violenza privata, danneggiamento. I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2017 e il 2020. 
Secondo quanto fu rilevato, il gruppo sarebbe stato pronto a lucrare sul business dei parcheggi gratuiti nei pressi dell’ospedale Perrino di Brindisi, anche in tempi di pandemia, e a occuparsi del prezzo del grano, da calmierare secondo logiche di cartello.


E qui sarebbe entrato in gioco Giuseppe Monteforte che ha sostenuto di essere estraneo a qualsiasi forma di assoggettamento alla Scu. Con il rigetto del ricorso, è stata confermata la sentenza di secondo grado.  Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia