OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
BRINDISI - “Non sappiamo come ringraziarvi, ma siamo tanto preoccupati per il suo destino”. E’ il 15 giugno del 1991, sono trascorsi tre mesi dallo sbarco a Brindisi degli albanesi, il più grande esodo della storia. Da Tirana un padre in ansia per il proprio figlio scrive una lettera indirizzata al giornalista brindisino Mino Marinazzo che in quei giorni ospitava un giovane albanese, uno dei tanti in cerca di aiuto. La lettera spunta a trent’anni di distanza e porta alla luce uno spaccato di questa storia che fece della città di Brindisi simbolo dell’accoglienza. Neritan all’epoca aveva solo 19 anni ed il 7 marzo di quel famoso 1991 era sbarcato insieme ad altri 25mila albanesi. Come tanti suoi connazionali arrivò in città con le tasche vuote ma con il cuore pieno di speranza. I primi giorni fu ospitato nella chiesa del Casale poi, con un pizzico di fortuna, per lui si spalancarono le porte di un piccolo monolocale. “Fu mia madre che collaborava con la parrocchia a chiedermi se potevo prendere con me questo giovane- racconta Marinazzo- vivevo in una casa piccola, avevo solo un divano letto a disposizione, ma non ci pensai due volte”. Neritan ebbe, così, un tetto sulla testa, un piatto caldo a tavola e qualche soldo in tasca. Il giovane per due mesi e mezzo cercò di trovare una occupazione in città. “Era spaesato, non parlava neppure tanto bene l’italiano- dice Marinazzo- di giorno andava in giro cercando un lavoro, voleva fare il manovale. Ma erano tempi difficili e lavoro non se ne trovava. Poi all’improvviso decise di partire insieme ad un gruppo di suoi connazionali, avevano preso contratti con una azienda del nord Italia”. Neritan lascia Brindisi a fine maggio, a due mesi e mezzo circa dallo sbarco. La lettera dei suoi genitori arriva il 15 giugno, quando il giovane è già partito. Dalle parole del padre traspare la gratitudine per l’accoglienza ricevuta dal figlio ma anche la preoccupazione per un destino che resta incerto. “Non sappiamo come ringraziarvi, per noi che siamo così lontani è una cosa straordinaria pensare che nostro figlio abbia incontrato della brava gente come voi” scrive l’uomo in un italiano quasi stentato ma con una grafia pulita e fin troppo ordinata. “Scusaci per il disturbo- prosegue nella lettera- ma anche noi come voi siamo preoccupati per il suo destino, dal fatto che lui è molto giovane, è ancora un giovincello. Vi prego, gli parli, gli dia un consiglio come se fosse suo fratello , perché da noi si dice : I giovani volano come i venti”. Questa famiglia affida a quelle righe, unico mezzo di comunicazione per loro, la propria angoscia ed al contempo la speranza che il figlio continui ad essere aiutato. “Per la generosità mostrata verso Neritan, voi avrete in me un amico vero in Albania.
Quotidiano Di Puglia