Brindisi, estorsioni alla festa dell'Ave Maris Stella: provvedimento del questore

Dopo il blitz e le condanne di Cosimo Carrisi e Gennaro Di Lauro

La questura di Brindisi
Obbligo di soggiorno nel comune di Brindisi per Cosimo Carrisi, 35 anni, condannato in primo grado a sei anni di reclusione dal Tribunale di Lecce con l'accusa di avere...

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Obbligo di soggiorno nel comune di Brindisi per Cosimo Carrisi, 35 anni, condannato in primo grado a sei anni di reclusione dal Tribunale di Lecce con l'accusa di avere cercato di estorcere la gestione dello scorso anno della festa dell'Ave Maris Stella del rione Casale.  

Due condanne

Il Tribunale di Lecce, condividendo gli elementi raccolti in sede istruttoria dalla divisione di polizia Anticrimine della questura di Brindisi, ha accolto la proposta della misura di obbligo di soggiorno formulata dal questore Annino Gargano, attestandone l’estrema pericolosità sociale, in quanto ritenuto contiguo alla criminalità organizzata e riconducibile alla frangia brindisina della Sacra Corona Unita. Con Carrisi  era stato condannato anche Gennaro Di Lauro, 33 anni, nel processo con rito abbreviato davanti al giudice per l'udienza Angelo Zizzari: quattro anni di reclusione.

L'inchiesta e gli arresti

In particolare, nel settembre scorso, la Squadra Mobile, a seguito di “indagini lampo” aveva arrestato Carrisi insieme a Di Lauro  con l'accusa di tentata estorsione aggravata al fine di agevolare l'attività delle locali associazioni di tipo mafioso, nell'inchiesta condotta dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Carmen Ruggiero. Secondo l'accusa, avevano tentato di estorcere denaro e fatto pressioni sull'organizzatore della festa "Ave Maris Stella" al Casale che, ottenuta l’autorizzazione allo svolgimento dell’evento, aveva iniziato a contattare gli ambulanti per il posizionamento delle bancarelle. Uno dei condannati esigeva che il gestore si facesse da parte, ritenendo che la festa fosse "roba sua" e che gli venisse corrisposta da questi la somma di 10 mila euro. 

L'aggravante della mafiosità

La gravità delle minacce rivolte alla vittima aveva spinto gli inquirenti a contestare l'aggravante dell’articolo 416 bis del codice penale (associazione mafiosa) e, parallelamente, il questore di Brindisi aveva avviato l’istruttoria per l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale.

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Quotidiano Di Puglia