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Un triste primato per Brindisi quello emerso da uno degli ultimi studi, realizzato da Istituto superiore di sanità e Cnr, nell’ambito del progetto “Sentieri” (Studio epidemiologico italiano dei residenti nei siti nazionali contaminati) ed evidenziato dalla rivista telematica Salute Pubblica. Il capoluogo messapico, infatti, è risultato primo tra Sin (siti di interesse nazionale per le bonifiche) per il numero di ricoveri per malattie renali.
Lo studio
Lo studio in questione, spiega l’associazione Salute Pubblica, «parte del programma di sorveglianza del progetto Sentieri, si è posto l’obiettivo di valutare, nel periodo dal 2006 al 2013, il rischio di ricovero nella popolazione residente nei Sin con una contaminazione documentata di metalli pesanti per un insieme di specifiche malattie renali ben definite e, separatamente, per insufficienza renale cronica, distinte per sesso e presenza o assenza di tipologia di attività industriali (petrolchimica/raffineria e acciaierie) o altre fonti di inquinamento (impianti chimici, centrali elettriche, discariche e discariche di rifiuti e porti); contaminazione combinata di metalli pesanti e solventi o solo contaminazione di metalli pesanti».
Il tasso di ospedalizzazione
In particolare, tra i Sin pugliesi, «Brindisi mostra un tasso di ospedalizzazione per malattie renali in entrambi i sessi di 1,4 (cioè il 40% in più) nel gruppo dei siti che comprendono nella loro area solo impianti petrolchimici e di raffinazione.
Il monitoraggio
Proprio per questo, secondo Salute Pubblica, «è necessaria una sorveglianza epidemiologica delle persone residenti nei siti di interesse nazionale per le bonifiche, quali lo sono anche Brindisi, Taranto e Manfredonia. Inoltre, poiché la malattia renale non provoca sintomi fino alle sue fasi successive e l’insorgenza e la progressione della malattia renale è spesso prevenibile, per i residenti nei Sin studiati, gli autori consigliano di incorporare la diagnosi precoce negli attuali protocolli di screening».
Una conclusione, quest’ultima, condivisa anche dal Forum Ambiente Salute e Sviluppo. Lo studio, prosegue il Forum, «conferma sia il grave impatto negativo sulla salute dei ritardi con cui procedono le bonifiche, sia la necessità che le strutture di prevenzione e di cura in aree come queste dovrebbero essere più attrezzate con personale sanitario e mezzi rispetto ad aree non contaminate. Ma purtroppo è vero il contrario.
Non bastavano, è la conclusione, «i tumori, le malattie respiratorie e le malformazioni legate all’inquinamento del sito industriale da bonificare ed alle emissioni, ora anche le malattie e le insufficienze renali. Una popolazione così straordinariamente esposta a rischi per la salute merita un potenziamento straordinario del servizio sanitario per le attività di prevenzione e cura. Forse questa sofferenza “eccessiva” non è ritenuta sufficiente per ottenere una previsione di assistenza come quella offerta nel resto della regione».
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Quotidiano Di Puglia