“Penso ora per ora, minuto per minuto a Turandot e tutta la mia musica scritta ad ora mi pare una burletta e non mi piace più”: così scriveva nella...
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E lo ha fatto lasciandoci in eredità un capolavoro dall’impianto musicale e melodico ricchissimo, con grandi affreschi corali ed una finezza di scrittura paragonabile soltanto a quella che potevano avere in quel periodo un Debussy o un Ravel. Senza dimenticare le celeberrime arie di Liù, a cui spetta il primato con tre brani (“Signora ascolta”, “Tanto amore” e “Tu che di gel sei cinta”), di Turandot (“In questa reggia”) e di Calaf, che canta “Non piangere Liù” e “Nessun dorma”
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che con quel famoso si naturale acuto sul “Vincerò” finale, che la tradizione ha voluto prolungato al massimo, è diventato l’emblema della potenza tenorile. E del grandissimo Pavarotti! Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia