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Rohela, mamma afghana accolta a Bitonto, finalmente riabbraccia i suoi due figli dopo dieci anni. Una storia commovente di tenacia e amore materno che è il risultato delle lotte del gruppo di attivisti di Bari del progetto Refugees Welcome Italia, partite da agosto dello scorso anno quando c’è stato il primo tentativo di fare arrivare questi ragazzi, oggi di 18 e 10 anni, in Italia.
Il primo tentativo di partire
Quella volta, però, non raggiunsero l’aeroporto di Kabul per un fortuito ritardo che ha salvato loro la vita. Di lì a poco ci fu, infatti, un attentato: novanta afghani morirono, in tanti rimasero feriti (circa un centinaio). Anche questa seconda partenza, seppur con lieto fine, è stata ricca di ostacoli.
L'arrivo a metà agosto
«Sono arrivati in aeroporto a Bari lo scorso 13 agosto -hanno raccontato gli attivisti baresi di Refugees Welcome Italia- insieme alla loro zia e i suoi due figli di 12 e 24 anni.
L'arrivo della madre 10 anni fa
È un dettaglio del racconto che fa immaginare quanto è stato duro per questa mamma essere distante dai suoi figli. Quando Rohela arrivò in Italia, dieci anni fa appunto, per curare sua figlia piccola e sottoporla a un intervento chirurgico, era incinta. Fu accolta dalla famiglia Maffei di Bitonto grazie al progetto Refugees Welcome, ma in Afghanistan lasciò i suoi due figli più grandi con cui, però, non ha mai perso i contatti. Con il loro sostegno è riuscita a trovare un lavoro e a prendere, non senza difficoltà, una casa in affitto. Ad agosto dello scorso anno, c’è stato il primo tentativo di ricongiungersi, l’angoscia e le preoccupazioni sono diventate insostenibili dal momento dell’occupazione dell’Afghanistan da parte dei talebani. Dopo l’attentato all’aeroporto di Kabul, i ragazzi si sono rifugiati in Pakistan dalla zia e i suoi cugini. Oggi abitano in otto nella casa a Bitonto di Rohela, unica fonte di reddito con il suo lavoro da badante. È per questo che Refugees Welcome Italia con Etnie onlus e Medici con l’Africa Cuamm Bari faranno partire una raccolta fondi per sostenerli. In tutta questa storia, «un pensiero va anche a chi è ancora bloccato in Afghanistan e vive lo stesso dolore di Rohela. Questo fa rabbia - hanno concluso gli attivisti -. La nostra speranza è che anche la loro storia abbia un’evoluzione felice».
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