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Tassi di interesse altissimi, oltre il 1.000 per cento. I clan baresi taglieggiavano imprenditori in difficoltà prestando denaro a «strozzo» per poi pretenderne la restituzione con tassi di interesse annui fino a oltre il 1.200%. È l'ipotesi investigativa su cui indaga la Guardia di Finanza di Bari, con il coordinamento del procuratore facente funzione Roberto Rossi, che ha in corso una inchiesta con 90 indagati, tutti capi, affiliati o contigui a organizzazioni criminali della città.
L'indagine
L'indagine è nata dalla denuncia di un imprenditore costretto a pagare debiti accumulati con quattro diversi clan. Le verifiche hanno documentato che le somme prestate veniva riconsegnate con gli interessi in contanti o con assegni bancari privi dell'indicazione del beneficiario, poi riciclati in esercizi commerciali intestandoli ai titolari delle attività economiche di generi alimentari e abbigliamento, così da metterli all'incasso.
Oltre ai capi clan, è emerso il ruolo degli intermediari, coloro cioè che mettevano in contatto gli usurati con le singole organizzazioni criminali, dei beneficiari degli assegni circolari e di coloro che riscuotevano gli interessi o eseguivano le spedizioni punitive. «Soggetti senza scrupoli - dicono i finanzieri - che mirano ad ottenere ingenti guadagni sfruttando lo stato di bisogno delle proprie vittime e non disdegnando il ricorso alla violenza e alle minacce. Ciò soprattutto nell'attuale emergenza epidemiologica Covid, in cui diverse famiglie e imprese, in difficoltà finanziarie, sono facili prede della criminalità, anche organizzata, interessata a riciclare i proventi delle proprie attività illecite e ad infiltrarsi nell'economia legale del territorio».
Questa indagine rappresenta un nuovo filone investigativo sul fenomeno dell'usura, dopo quello accertato nei mesi scorsi sulla figura dell'usuraio «di quartiere» che prestava denaro a famiglie e piccoli artigiani in difficoltà.
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