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Uno scandalo coinvolge l'Oncologico di Bari: un infermiere avvelenato solo perché ritenuto «infame». La sostanza tossica versata nel thé lo ha ridotto alla disabilità e quindi impossibilitato a lavorare. E' quanto emerso dall’indagine che ha coinvolto il nosocomio barese portando alla luce un vero e proprio "traffico" di farmaci dai locali dell’istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari alle abitazioni di infermieri e operatori socio-sanitari infedeli. Materiale questo che veniva utilizzato per visite private a nero da parte di infermieri e operatori socio-sanitari.
L'infermiere avvelenato
Un infermiere "infame" - così lo definiva un collega - è stato avvelenato con una tazza di thé bevuta in reparto.
Ai domiciliari ma lavorava in reparto
Ma non è tutto: un altro infermiere con precedenti penali lavorava in reparto: O. C., uno dei sei sottoposti a misura, era ai domiciliari dal 2020 è accusato di ricettazione di un cellulare rubato.
L'inchiesta è della scorsa settimana: sei sanitari sono sono stati sottoposti a misura cautelare (rimasti in silenzio davanti ai giudici). Diversi i casi che hanno portato alle misure cautelari con tanto di scandalo che ha coinvolto il reparto di Oncologia: un medico arrestato per aver chiesto soldi ai pazienti per visite e ricoveri che invece erano del tutto gratuiti. Ancora prima una infermiera era stata beccata dopo aver rubato oltre 200 euro dal borsellino di una paziente ricoverata (sospesa dal lavoro) e che poi racconta ai giudici quanto avvenisse nell’infermeria e nel deposito del reparto e il clima di intimidazioni che ormai si respirava.
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