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Giacomo Olivieri avrebbe voluto «soddisfare i suoi interessi» anche nella campagna elettorale per le regionali del 2020. E ipotizzava – secondo quanto si legge tra le informative della polizia – di candidare anche e non solo Maria Carmen Lorusso, l’ex moglie, eletta alle comunali del 2019 e per cui Olivieri avrebbe procacciato voti tra gli esponenti del clan Parisi.
È il 12 giugno 2019, le elezioni a Bari sono finite da qualche giorno e, dalle intercettazioni dei magistrati antimafia, emerge una chiacchierata tra l’avvocato, ora detenuto a Brindisi, e Vincenzo Niro, attuale sottosegretario alla presidenza del Molise, non indagato nella maxi inchiesta sulla mafia barese. Già noto alla giustizia, Niro era stato condannato, e poi riabilitato, negli anni Ottanta per aver introdotto armi nel carcere di Campobasso.
Le intercettazioni
Nella telefonata, Olivieri mostra tutta la sua soddisfazione per gli esiti elettorali della tornata barese: «È andata molto bene, molto bene alla fine. Abbiamo il consigliere comunale, anzi ne abbiamo tre per la verità, un paio di assessori che abbiamo, sai, giocato in modo trasversale. Vincenzo è andata bene, molto bene». E ancora: «Lei – riferendosi a Maria Carmen Lorusso – è consigliere comunale.
Niro evidenzia i suoi risultati con i Popolari in Molise, poi chiede se a Bari, in comune, possa sorgere un gruppo del partito. Una conversazione tra esponenti politici assolutamente legittima che, però, evidenzierebbe – secondo la Dda – l’interesse dell’avvocato per la presenza di una sua persona fidata anche in Consiglio regionale dopo aver piazzato una pedina a Bari. E la persona indicata per via Gentile sarebbe stata, ancora una volta, Maria Carmen Lorusso. Lo schema sembrava essere questo secondo un accordo con Mario Visciglia, candidato al consiglio del 2019 ma non eletto: Visciglia avrebbe dovuto risultare il primo dei non eletti della lista “Pasquale di Rella”, in modo che Lorusso, una volta potenzialmente eletta in Regione, gli avesse potuto lasciare lo scranno in consiglio comunale.
Gli appetiti di Olivieri e Lorusso avrebbero superato, quindi, i confini cittadini del capoluogo. Dove la presunta compravendita di voti orientata all’elezione della moglie Lorusso, avrebbe previsto nell’accordo con la mafia anche un «immobile in via Tancredi» da utilizzare come «garanzia», nel caso Lorusso non fosse stata eletta, «dell’assegno di ventimila euro» che sarebbe stato consegnato da Olivieri a Gaetano Strisciuglio, esponente dell’omonimo clan. L’ex consigliere regionale, quindi, avrebbe poi ricevuto la somma da un altro presunto affiliato. L’assegno da ventimila euro sarebbe stato emesso con possibilità di riscossione da fine luglio, «in una data – scrive la Dda – distante dalla competizione elettorale evitando qualsiasi possibile riconducibilità ad essa». Un altro segno di quella che la Procura ritiene la spregiudicatezza di uno dei protagonisti della maxi inchiesta Codice interno. Che si sarebbe mosso per procacciare votanti anche in relazione alle primarie del centrodestra del 24 febbraio 2019. Riferimenti che si rintracciano nelle parole di Tommaso Lovreglio, esponente dei Parisi, quando parla «dei soldi che stanno dando a tutti quelli di Bari vecchia». Dalle primarie del centrodestra alle comunali per poi pensare alle Regionali del 2020, Olivieri avrebbe sognato in grande.
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