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Un farmaco tranquillante trovato nella cisterna accanto ai cadaveri dei bambini. E’ il dettaglio, in una cornice di indagini aperte e poi chiuse, di domande senza risposta e dubbi che si trascinano da anni, che riaccende i riflettori su Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina scomparsi il 5 luglio 2006 e trovati morti il 25 febbraio 2008. Una storia dal finale ancora aperto perché non si conosce con esattezza come i bambini siano finiti ne “Le cento stanze”, un casolare della città murgiana. E se qualcuno li abbia uccisi. La madre, con l’avvocato Giovanni Ladisi e il consulente legale Rocco Siletti, si è presentata ieri in procura. Ha depositato istanza per la riapertura delle indagini, chiuse nel 2016 perché non c’erano altri elementi.
Eppure, nel corso degli anni, Rosa Carlucci, con la figlia maggiore, Filomena Pappalardi, non si è mai arresa. E crede fortemente che i nuovi dettagli nella ricostruzione possano spingere il procuratore a rimettere mani in un caso di cronaca che ha attratto le attenzioni di tutta l’Italia. Nel 2007 il padre, Filippo Pappalardi, fu arrestato per duplice omicidio aggravato dal vincolo di parentela e occultamento di cadavere.
La situazione
I fratellini arrivavano da una situazione familiare non idilliaca. Figli di genitori separati dal 1997, nel 2008 vennero affidati dal tribunale di Bari al padre, Filippo Pappalardi. Che li accudiva con la nuova compagna, Maria Ricupero. Nella nuova casa, però, i bambini – secondo le indagini riportate dall’avvocato Ladisi – avrebbero vissuto «una situazione di disagio». Pertanto «avrebbero maturato una fragilità emotiva e un livello di autodeterminazione particolarmente debole». Sarebbero stati, quindi, vulnerabili di fronte alle richieste di altri coetanei o di altri adulti. Forse coloro che li avrebbero portati nel casolare rivelatosi luogo di morte? Un’altra domanda aperta in una storia che ha visto, nelle indagini, molte testimonianze ritrattate. La difesa della madre parla di «versioni contraddittorie dei testimoni»: racconti rilasciati agli inquirenti che non corrisponderebbero alle parole emesse durante il processo, in sede civile, che ha visto imputati e assolti i proprietari del casolare. Ma soprattutto l’elemento inedito è rappresentato dal farmaco midazolam, una benzodiazepina: nella cisterna fu trovata una fiala vuota dell’ansiolitico nei sopralluoghi successivi al ritrovamento dei cadaveri. Il farmaco potrebbe risalire a una delle figlie della nuova compagna di Filippo Pappalardi, una ragazzina che, come testimonia un certificato medico riportato nella relazione delle difese, soffriva «di un disturbo ansioso-depressivo». Il midazolam probabilmente girava nello stesso ambiente dove vivevano i gemellini. Per i legali di Rosa Carlucci potrebbe trattarsi di un collegamento interessante. Degno della riapertura dell’indagine a quindici anni dalla scoperta dei cadaveri dei poveri fratellini. Ora Rosa Carlucci chiede che le indagini ripartano. E fa appello anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Quotidiano Di Puglia