È continuato senza sosta nel Canale di Sicilia nei giorni di Natale il soccorso ai migranti, in fuga da guerre e fame. Sono oltre mille le persone alle quali è stato prestato...
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Tra le tante storie, quella di una giovane nigeriana che ha partorito un bimbo sulla nave Etna. Un altro migrante con sintomi della malaria e della Tbc, è stato messo in isolamento, in attesa di essere trasferito in una struttura sanitaria attrezzata a curarlo non appena la diagnosi sarà certa.
In cinque, invece, non sono sopravvissuti alla traversata maledetta. Per loro non c'è stato nulla da fare. Sono stati recuperati già morti e le salme composte a bordo. Una delle vittime, un uomo giovane, in base ai primi accertamenti, sarebbe morto per asfissia provocata da inalazione di idrocarburi. Due uomini sono stati ricoverati per ustioni all'ospedale di Modica.
Dall'antivigilia a Santo Stefano, con impegno incessante, sono state impegnate la corvetta Driade che ha recuperato 223 migranti, tutti uomini; Nave Etna che ha raccolto almeno 363 migranti in diversi soccorsi e con il contributo di unità mercantili e delle Capitanerie di Porto; il pattugliatore Orione ha preso a bordo 440 migranti e quattro delle cinque salme.
Il neonato venuto alla luce sulla nave Etna è stato battezzato in navigazione col nome di Testimony Salvatore. A fargli da padrino è stato il comandante, davanti a tutto l'equipaggio. Mamma Kate, ha 28 anni, sta bene e ha con lei anche Destiny, la figlia di 15 mesi. «Siamo partiti il 23 dicembre dalla Libia, mentre mio marito e gli altri due figli di dieci e sei anni sono rimasti in Algeria - ha raccontato la donna - Siamo tutti nigeriani. Sono felice della nascita di mio figlio: ho avuto paura ma tutto è andato bene».
Kate «ha iniziato il travaglio sulla nave», ha spiegato la ginecologa Maita Sartori della fondazione Rava, «e quando abbiamo capito che aveva le contrazioni, abbiamo avvertito il comandante e l'equipaggio che si sono messi a disposizione. La signora è stata bravissima e ha condotto lei tutto, noi l'abbiamo solo assistita e monitorato il travaglio comunicando in inglese».
Il resto del racconto lo fa il tenente di vascello Serena Petriucciolo che spiega «con il sacerdote di bordo, don Paolo, abbiamo battezzato il bambino questa mattina, testimoni oltre a me sono stati l'infermiere, il secondo capo scelto Diego Di Netto Tempesta, e l'infermiera volontaria Teresa Arena, mentre il comandante della nave ha fatto il padrino». Il rito, ha proseguito il tenente, si è svolto «davanti agli altri marinai e ai componenti sanitari della Brigata San Marco: il nome lo ha deciso la mamma insieme alla sorella e alla sua amica Fatima». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia