La vittima: «Un colpo in pieno viso ed è cominciato l’orrore»

La vittima: «Un colpo in pieno viso ed è cominciato l’orrore»
Rosy (è un nome di fantasia) è tutta rannicchiata in un letto del pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Roma. Il camice lilla addolcisce come...

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Rosy (è un nome di fantasia) è tutta rannicchiata in un letto del pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Roma. Il camice lilla addolcisce come può il suo volto tumefatto, gonfio all’inverosimile, ma comunque incorniciato dai bei capelli biondo-cenere che le scendono lungo le spalle.


Guarda con gli occhioni chiari sbarrati, smarrita, a Roma è sola, nessuno che le sia accanto, precipitata in un incubo che mai pensava di dovere sopportare.

«Dovevo ripartire oggi per l’Australia e, invece sono qui», dice con un filo di voce, abbassando lo sguardo.

Rosy come sta?
«Sto malissimo, ho dolori forti dappertutto. Mi hanno picchiato brutalmente. Non mi davano tregua. Vede: tutto il viso, il naso, l’occhio sinistro è nero pesto, mi sento a pezzi. E poi quello che mi hanno fatto, non ci posso pensare. Mi spiace non parlo italiano, vorrei solo avvisare mia figlia che è dall’altra parte del mondo, è l’unica persona che adesso vorrei vicino».

Cosa ricorda di quei momenti?
«Era tardi, era notte. Dovevo rientrare in albergo, che non è distante dalla stazione Termini, ma avevo dimenticato la strada, non sapevo come fare. Ho chiesto informazioni a un uomo, mi ha detto: “Ti faccio vedere io dove devi andare, ti indico la strada”. Ho fatto qualche passo, l’ho seguito, poi è sbucato qualcun altro. Mi hanno spinto in un posto appartato, una specie di baracca».

Sa dire quanti erano?
«No, non mi ricordo quanti fossero, non lo so, è stato tutto così veloce, brutto, improvviso». E che cosa è successo? «Mi hanno afferrato per un braccio, mi hanno trascinato, e preso a botte. Erano una furia. Un primo colpo in piena faccia mi ha stordito. Mi hanno gettato a terra, mi hanno strappato gli orecchini con violenza, la collana che indossavo, sfilato con la forza l’orologio dal polso, ho ancora tutti i segni. E dopo mi hanno fatto quello che hanno fatto, hanno abusato di me, è stato orribile».

Qualcuno l’ha soccorsa?
«Mi lamentavo, un passante deve avere chiamato la polizia. Non avevo più niente, la borsa, si sono presi pure il telefono. Mi hanno portato via tutto, erano belve. Non ricordo altro».

Ricorda se erano degli italiani?
«No, non erano italiani, erano “romanian”, romeni».


É sola qui a Roma, in albergo qualcuno la aspetta? «No, prima qui a Roma c’era un mio amico che però è già partito. La mia sistemazione è in un buon hotel, non avevo paura. Adesso vorrei solo potere parlare con mia figlia perché non ho più il cellulare, vorrei provarci almeno attraverso Facebook, ma vorrei anche riposare. Spero li prendano».  Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia