OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Ritardare la seconda dose potrebbe salvare molte vite. Ma a certe condizioni. Lo afferma uno studio americano, che ha studiato gli effetti del ritardo della somministrazione dei vaccini Pfizer/BioNTech o Moderna. La strategia adottata nel Regno Unito non solo paga, sottolinea la editor della sezione Salute del Guardian, Sarah Boseley, ma dovrebbe essere presa a modello anche dalle altre nazioni (come sta facendo l’Italia) per immunizzare la propria popolazione dal Covid-19.
Come si sa, la seconda dose dei due vaccini presi in esame, entrambi con tecnologia a “mRna messaggero”, è stata studiata per la somministrazione tra tre e quattro settimane dalla prima. L’Italia, in questo periodo, ha prolungato questo lasso di tempo di due settimane, e molti cittadini prenotati per l’iniezione stanno ricevendo notifiche con la nuova data per l’immunizzazione. Il Regno Unito è andato ancora oltre, optando per una seconda dose dopo dodici settimane.
Pfizer, l'Ema: «Richiamo ok entro 40 giorni». Cosa cambia con la seconda dose a 21 o 42
L’evidenza scientifica (e anche i dati epidemiologici) sembrano avere premiato questa scelta. Secondo lo studio americano, una dose può proteggere infatti con un tasso di efficacia dell’80% le persone con meno di 65 anni, sia nel caso di Pfizer che di Moderna, che sono prodotti simili, sviluppati con la medesima tecnologia.
Le evidenze scientifiche hanno finora dimostrato, in base all’osservazione di quanto avvenuto in Gran Bretagna, che una singola dose di AstraZeneca o Pfizer rende molto meno probabile un ricovero, in caso di contagio. Ma ora, lo studio americano degli scienziati della Mayo Clinic di Rochester va anche oltre, con i suoi modelli statistici elaborati dilazionando a seconda dose di Pfizer e Moderna (i due utilizzati negli Usa) in popolazioni dove ci sia carenza di dosi. «I risultati suggeriscono che in certe specifiche condizioni, un decremento della mortalità, delle infezioni e dei ricoveri può essere ottenuto se la seconda dose del vaccino viene rinviata» hanno scritto i ricercatori guidati da Thomas C Kingsley della Mayo Clinic di Rochester, Minnesota.
Il risultato è che iniettando una prima singola dose, e dilazionando i tempi per la seconda, si salverebbero vite. Tra le persone con meno di 65 anni - in una frequenza di vaccinazione tra lo 0,1 e lo 0,3 per cento di popolazione vaccinata al giorno - si eviterebbero tra 26 e 47 morti ogni centomila persone, stando ai risultati dello studio americano pubblicato sul British Medical Journal.
L’epidemiologo Peter English ha detto al Guardian che lo studio dimostra che questa strategia, applicata a livello mondiale, potrebbe ottenere anche altri due risultati: ridurre i contagi e prevenire la diffuzione di nuove varianti. «Abbiano tutti interesse ad assicurarci che l’intera popolazione mondiale sia immunizzata - ha detto il ricercatore - e questo studio sembra suggerire che la terza dose, che nel Regno Unito dovrebbe essere pianificata per l’autunno di quest’anno, potrebbe essere invece impiegata, nell’interesse globale, per immunizzare quei Paesi che sono più indietro, per carenza di dosi, nella campagna vaccinale». Perché bisogna ricordarci sempre che siamo tutti (davvero) nella stessa barca, in un mondo interconnesso come mai nella storia.
Leggi l'articolo completo suQuotidiano Di Puglia