Terrorismo, quando il kamikaze è donna: tutte le suicide bomber

Terrorismo, quando il kamikaze è donna: tutte le suicide bomber
Non c'è solo la ventiseienne Hasna Aitboulhacen, la giovane donna bionda che si è fatta esplodere durante il blitz di Saint-Denis. ...

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Non c'è solo la ventiseienne Hasna Aitboulhacen, la giovane donna bionda che si è fatta esplodere durante il blitz di Saint-Denis.




Hasna è sicuramente la prima suicide bomber in azione sul suolo europeo. Ma in passato altre donne, prima di lei, hanno indossato dell'esplosivo con il preciso intento di uccidere. La prima, di cui vi sia traccia nelle cronache giornalistiche, è Sana'a Mehaidl. Membro del Partito Nazionalista Sociale Siriano. Nel 1985, ad appena 16 anni, si lanciò con una autovettura Peugeot piena di esplosivo contro un convoglio israeliano a Jezzine, nel sud del Libano.

Sei anni dopo, nel 1991, Thenmohzi "Gayatri" Rajaratnam - membro delle Tigri Tamil, movimento nazionalista militante - si fece esplodere uccidendo l'ex primo ministro indiano Rajiv Gandhi e altre 14 persone.



Nel 2000 fanno la loro comparsa, per la prima volta, le cosiddette "vedove nere" cecene. Due donne, giovanissime e originarie della zona di Groznji, Khava Barayeva e Luiza Magomadova, si fanno esplodere nello stesso momento presso due diversi check-point russi. E' l'inizio di una vera e propria "tradizione" che durerà per un decennio. Nel 2002 le "vedove nere" saranno protagoniste della terribile vicenda del teatro Dubrovka a Mosca in cui, alla fine, si conteranno 129 vittime e oltre 700 feriti. Altre faranno parte dell'attacco alla scuola di Beslan in cui perderanno la vita 333 persone (di cui 186 bambini) e 800 saranno i feriti. In tutto le "vedove nere", prevalentemente cecene e daghestane, saranno 45. Le ultime due sono entrate in azione nel 2010 nella metropolitana di Mosca provocando la morte di 40 persone. La loro è forse la vicenda più terribile. Data la condizione di vedove di combattenti ceceni, non sarebbe stata data loro altra possibilità, se non la morte, per vendicare i propri mariti. E per essere sicuri che non ci fossero ripensamenti all'ultimo minuto, il comando dei detonatori era posto quasi sempre nelle mani di uomini che si trovavano a distanza di sicurezza dal luogo individuato per l'esplosione.



Tornando al 2002, è la volta di un'altra giovanissima mediorientale. Ayat Al-Akhras, palestinese di 18 anni, attiva la sua cintura esplosiva a una fermata dell'autobus a Gerusalemme. Il bilancio dei morti è di sei persone, inclusa un'altra ragazza di 17 anni.

Lo scorso 16 ottobre, tre adolescenti nigeriane tra gli 11 e i 15 anni si fanno esplodere vicino a Maiduguri, in un attentato riconducibile a Boko Haram e che causa la morte di quattro persone e il ferimento di altre 17. Sarebbero solo le ultime di una lunga serie. Secondo l'Institute for National Security Studies, infatti, negli ultimi due anni ben 17 attentati di Boko Haram in Nigeria sono stati opera di ragazze giovanissime, spesso poco più che bambine.


Minorenni, vedove, volenterose "martiri" o costrette al gesto estremo dai loro uomini - padri, fidanzati, mariti, amici o parenti dei mariti -, il numero delle donne kamikaze - sarebbe addirittura triplicato tra il 2013 e il 2015. Un dato inquietante che gli europei, fino al 18 novembre, hanno sempre guardato un po' da lontano. Ma che ora, dopo Hasna, comincia a sembrare qualcosa di più di un caso di studio per sociologi.

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Quotidiano Di Puglia