Anche ieri l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, si è rammaricato perché non è stato stretto «nessun accordo di...
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LEGGI ANCHE Coronavirus Lazio, il bollettino: 130 nuovi casi, 80 a Roma. I contagi di rientro sono il 52%
Per entrare, devono aver fatto i test sierologici o i molecolari per dimostrare di essere negativi e devono presentare anche una regolare certificazione scritta. Per la cronaca, la pratica è controversa. Resta il fatto che i rientri dalla Sardegna, con il focolaio della Costa Smeralda, continuano a preoccupare le autorità sanitarie.
Nell’ultimo bollettino diffuso ieri dalla Regione, i casi legati al link con l’Isola sono il 38 per cento del totale. Più in generale, ha spiegato lo stesso D’Amato, «su oltre 10 mila tamponi ieri nel Lazio, si registrano 130 positivi, di questi 80 sono a Roma, e zero decessi». Soprattutto, aggiunge l’assessore, «si conferma una prevalenza dei casi di rientro (circa il 52 per cento) e i casi con link dalla Sardegna sono circa il 38 per cento». Nella Asl Roma 1 sono 41 i casi nelle ultime 24 ore (con persone che si sono contagiate anche tornando da Sicilia, Campania, Malta e Francia); nella Roma 2 sono 29 i nuovi positivi (con link anche da Marche e Spagna ) e nella Roma 3 sono 10 (dei quali uno dalla Calabria e dalla Romania). In quest’ottica, cresce il timore di nuovi contagi dopo le vacanze in Sardegna, anche perché rispetto al passato ad ammalarsi sono soprattutto i più giovani, che contemporaneamente devono tornare a breve a lavoro oppure a scuola e possono far ammalare i soggetti più deboli come gli anziani.
DA PRATI A TALENTI
Per questo - anche se in maniera arbitraria - alcune attività private hanno iniziato a “selezionare” i clienti secondo un’unica regola: chi è stato in Sardegna (ma anche in Grecia, in Spagna, in Croazia o a Malta) per entrare deve mostrare l’esito di un tampone. Così, per esempio, è scritto su un cartello di una palestra di Porta Pinciana. In una di Prati il titolare spiega: «Chi vuole iscriversi e viene da un’area a rischio, ha l’obbligo di fare il test sierologico oltre a presentare il certificato medico di sana e robusta e corporatura e seguire le prescrizioni anti Covid, come cambiarsi le scarpe e usare la mascherina». In una palestra di boxe dalle parti della stazione Termini, ammettono che «portare il test non è obbligatorio per legge, ma mettetevi nei nostri panni: non possiamo permetterci un’altra chiusura dopo quella del lockdown». Stessa ragionamento anche da parte di un coach a Talenti: «Non è discriminazione, ho imposto la stessa procedura anche ai soci storici della palestra.
Eppoi garantiamo la massima riservatezza».
Quotidiano Di Puglia