Un sole quasi beffardo aveva illuminato all’alba del 24 agosto scorso l’oltraggio che il terremoto ha inferto ad Amatrice e Accumoli. Una pioggia battente come di...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Un tempio quasi surreale quello di quest’ennesimo, dolente addio, un Cristo ligneo sospeso con una corda al soffitto è alle spalle dei celebranti, lo sfondo è un Golgota del terzo millennio, dove non ci sono luna e stelle, né santi con l’aureola d’oro, ma le rovine e lo scempio lasciato dal sisma, travi sconnesse, macerie, solai deformati, mattoni, edifici di più piani precipitati l’uno sugli altri a formare un gigantesco sandwich, diventato tomba per molti. Officia il rito monsignore Domenico Pompili, vescovo di Rieti. Un lungo elenco di nomi. Il monsignore comincia così le esequie solenni, ricordando nome per nome tutte le 231 vittime provocate dal terremoto ad Amatrice. Ci sono voluti otto minuti. Un lungo elenco di vite spezzate, nomi e cognomi di un terremoto che ha sbriciolato il centro del Paese, salutato al termine con un forte applauso. Mattarella e Renzi e le più alte cariche dello Stato sono rimasti in piedi in mezzo alla gente nella tensostruttura per tutta la cerimonia. L’unico segno istituzionale è la corona del Presidente della Repubblica affiancata da due corazzieri.
Quella del vescovo è un’omelia breve ma intensa, che è un monito e, insieme, un messaggio di speranza cristiana. «I terremoti non uccidono – dice il vescovo- uccidono piuttosto le opere dell’uomo. Non prendetevela con Dio ma con chi costruisce case con la sabbia!». Poi rivolto ai politici: «La ricostruzione non sia un querelle fra di voi, non diventi opera di sciacallaggio, ma faccia rivivere una bellezza di cui siamo custodi». «Disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta», ha sottolineato ancora Pompili. «Abitiamo una terra verde, terra di pastori», ha aggiunto il vescovo. Insomma, fate presto e operate meglio. Infine il messaggio, l’auspicio che è una profezia di Geremia: «Le ombre della casa di ognuno tornino a gioire sulla nostra terra».
Le bare delle vittime erano arrivate alle 15, tre ore prima che iniziasse il rito, portate a spalle dai volontari sotto una pioggia battente e incessante e sono state disposte dietro l’Istituto Don Minozzi, vicino alle tendopoli. Disposte di fronte a un altare montato proprio in fondo sotto al grande crocifisso. Dovevano essere 38 i feretri, dieci sono rimasti al cimitero del piccolo paese perché impossibile raggiungerlo. Due sono bianche e piccole. Sopra hanno dei peluches. Ancora non è noto se queste bare potranno essere tumulate nel camposanto del paese o altrove, perché anche il cimitero di Amatrice è stato colpito dal sisma. A chiudere la cerimonia il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: «Questa gente è morta perché amava questa terra e noi vogliamo restare qui». Terminati i funerali, il Capo dello Stato si è intrattenuto a lungo a salutare e confortare i familiari che hanno perso i loro cari durante la devastante scossa delle 3.36 del 24 agosto. A loro Mattarella ha detto: «Non abbiate timore, non vi abbandoniamo».
«Il paese lo ricostruiamo, pezzo per pezzo» la promessa del premier. Ora, esaurito il cerimoniale del dolore, si passa ai momenti della verità, si cerca di capire perché edifici ristrutturati di recente siano crollati come cartapesta. La procura di Rieti ha disposto il sequestro dell’edificio della scuola di Amatrice, ma numerosi sequestri di edifici pubblici sono stati operati in tutto il cratere del sisma. L'obiettivo è preservare il più possibile lo stato dei luoghi, in attesa degli ulteriori accertamenti che saranno disposti nelle prossime ore. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia