Un sasso trovato in un bosco di Velletri, nel cuore dei Castelli Romani, una sequenza di 28 perfette incisioni sulla superficie, una datazione antichissima che risale addirittura...
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La scoperta porta la firma del giovane archeologo Flavio Altamura del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza: è stato lui a trovarlo e a decodificarlo. In collaborazione con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, lo studioso ha presentato i risultati sulla rivista Journal of Archaeological Science: Reports. «Sono appassionato di trekking e passeggio spesso per i bellissimi sentieri nei boschi dei Castelli Romani. Quel giorno facevo una camminata con il mio cane, quando notai questo ciottolo, arrotondato e molto diverso dal pietrame spigoloso che lo circondava. Il ciottolo era in superficie, ai lati di un sentiero vicino alla cima di Monte Alto.
Probabilmente era affiorato con le piogge o per il passaggio di qualche trattore. Ne parlai subito con la mia “maestra” Margherita Mussi che insegna preistoria alla Sapienza. Lei riconobbe immediatamente che si trattava di un manufatto paleolitico e avvertimmo la soprintendenza».
Che cosa aveva attirato l’attenzione dell’archeologo? Tre serie di brevi incisioni lineari, cioè delle “tacche”, lungo tre lati del ciottolo. I misteriosi segni comprendono rispettivamente sette, nove/dieci e undici tacche, disposte in maniera regolare e simmetrica. Il complesso sistema di incisioni, il loro numero (27 o 28) e la loro distribuzione spaziale potrebbero indicare un sistema di conteggio basato sul ciclo della luna.
Seguirono studi, confronti, analisi. «Cominciai a capire che il ciottolo era molto particolare, e le incisioni potevano avere anche un significato più complesso di una semplice decorazione». Gradualmente, Altamura si è reso conto che il manufatto rientrava perfettamente nelle teorie che altri studiosi avevano avanzato per l’identificazione di possibili calendari lunari preistorici. Anzi, sembrava proprio il prototipo di calendario lunare descritto nella letteratura archeologica. «Nessun altro manufatto così antico é così compatibile con questa ipotesi - continua l’archeologo - Questo ci fa capire come l’Homo Sapiens avesse una capacità cognitiva di tipo assolutamente moderno già 10000 anni fa».
«Ho sempre avuto l’impressione, cosi d’istinto, che ad averlo inciso potesse essere stata una donna, che come si sa ha un rapporto ancestrale con la luna per via della “ciclicità” condivisa», racconta. Il luogo del rinvenimento del ciottolo non é distante da alcuni dei luoghi più sacri dell’epoca classica (e prima), come il Santuario di Giove Laziale su Monte Cavo e il tempio di Diana presso il lago di Nemi.
«Evidentemente - aggiunge Altamura - questi luoghi speciali hanno sempre attratto l’attenzione dell’ uomo, anche durante la più antica preistoria, suscitando un senso di sacralità che chi conosce bene questi luoghi può ancora percepire». Quanto al reperto, per ora é custodito nei depositi della Soprintendenza, ma l’archeologo spera che possa essere esposto al pubblico presto. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia