L'assassino con un proiettile come portafortuna

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War games e American Sniper. La vita di Giulio Murolo, classe ’70, era gioco di guerra continuo. Un militare mancato prestato come infermiere all’unità toracica del Cardarelli dove ieri sera avrebbe dovuto fare il turno di notte. Puntuale, maniacale, ordinato. Sempre a lucidare le sue armi. Tante armi, di ogni tipo, tutte regolarmente denunciate. Incensurato aveva il porto d’armi. Appena poteva staccava al lavoro e si trasformava in «cecchino» al poligono di tiro.




La sua vita, prima della strage era questa. Una vita in solitudine. Maniaco dell’ordine e della disciplina. «Un tipo particolare», taglia corto la cognata Anna Carcassa, anche lei un lavoro al Cardarelli nell’ambulatorio di chirurgia vascolare. Viveva in 60 metri quadri a pochi metri da tutto il resto della famiglia. Una casa ordinata. Si entra c’è un piccolo corridoio, a destra l’anticucina con un tavolino e quattro sedie, l’angolo cottura e poi il bagno. Un piccolo salotto con divano, la parete attrezzata con la televisione e diversi armadi e a sinistra la camera da letto. La palazzina tre piani, al 41 di via Napoli, è tutta loro, dei Murolo.



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