Luigi Di Maio il temporeggiatore. Quando il ministro dello Sviluppo Economico arriva al Governo la vendita dell’Ilva è già agli sgoccioli. Dall’1 luglio,...
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Per ora le ipotesi in campo sono diverse. E il vicepremier non vuole precludersene alcuna. La prima: l’annullamento della gara. Il ministro ha intravisto - anche sulla spinta del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano - delle criticità nella gara che ha portato all’assegnazione del gruppo Ilva alla cordata guidata da ArcelorMittal e ha chiesto un parere all’Anac. Risposta arrivata e che ha in parte avallato le perplessità del Mise lasciando però alla parte politica la decisione sulla possibilità di annullare la procedura svolta nel biennio precedente. Così, l’altro ieri sera, alle parole sulle verifiche in corso si è aggiunta la nota ufficiale in cui Di Maio ha annunciato l’avvio dell’iter per gli accertamenti finalizzati a un eventuale annullamento in autotutela dell’assegnazione a Mittal. La possibilità di un annullamento scatenerebbe, però, se dovesse tramutarsi in realtà, quasi certamente a una battaglia legale con l’acquirente, Mittal, che nell’affare si è calato a capofitto. L’annullamento ipotetico della gara allora preluderebbe ad altri due scenari. Il primo, quello richiesto dagli ambientalisti e da molte forze della città, nonché dalla base del Movimento 5 Stelle, è la chiusura della fabbrica. Addio alla privatizzazione, riconversione e impiego degli undicimila dipendenti diretti Ilva (oltre a tutto l’indotto) in un piano di bonifiche. Secondo molti esperti è la possibilità che ha meno chance, sebbene risponda a quello che il Governo ha promesso di fare ai suoi elettori.
L’altra possibilità è quella di un annullamento della procedura finalizzato ad una nuova gara. I tempi, in questo caso, sarebbero lunghi. La ripartenza da zero in realtà non eliminerebbe nè i rischi della battaglia legale con i Mittal nè garantirebbero una proposta diversa da quella attuale. L’unica cordata che provò a contrastare l’offerta di Mittal fu quella guidata dall’indiano Jindal assieme a Cassa Depositi e prestiti. Una cordata che non esiste più e che vede ormai Jindal acquirente dell’altro siderurgico italiano: quello di Piombino. Tra l’altro non ci sono più risorse per gestire Ilva e i lavori di ambientalizzazione - su tutti la copertura dei parchi minerali - sono stati avviati sulla base della garanzia di “cassa” di ArcelorMittal.
La gara allora potrebbe restare in piedi: è questa l’ipotesi più realistica. Ma intanto Di Maio aspetta, prende altro tempo, dribbla il fuoco amico degli elettori pentastellati e dei deputati che stringono sulla difesa dell’ambiente dalle nuvole di minerale, continua a trattare con gli acquirenti strappando altri impegni e provando a rilanciare sull’occupazione. Ma il tempo è l’unico aspetto sul quale Mittal sembra non essere più disponibile a trattare. E la strategia attendista del Governo potrebbe rivelarsi più pericolosa del previsto.
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Quotidiano Di Puglia