L’apparenza troppe volte è più importante del contenuto: lo si vede sui social, dove quotidianamente si trovano esempi emblematici del fenomeno moderno. Come...
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Parole che invitano a riflettere anche quelle della Botteri, che per la prima volta ha deciso di rispondere ai numerosi attacchi social e non solo di cui è vittima da tempo: «Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno o dovrebbero avere secondo non si sa bene chi… Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n’è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l’unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista. A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne».
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Una battaglia culturale ben più ampia questa, che tante donne provano ad affrontare da tempo: l’aspetto pregiudica la professionalità. È vero, tanti dicono che anche l’occhio vuole la sua parte, specie se in Tv: allora che si parli di moda e si discuta di quello, ma non di giornalismo e non si giudichi la professionalità attraverso un'immagine. E soprattutto non si cada poi nel body shaming. Quante donne che decidono liberamente di indossare una minigonna, un abito succinto, uno scollo magari semplicemente perché rispecchia la loro personalità o uno stato d’animo vengono comunque giudicate per la scelta? All’opposto del caso Botteri, ma sulla stessa linea concettuale, nel 2020 sono numerose le professioniste nel campo del giornalismo e non solo quotidianamente offese perché nell’immaginario collettivo dovrebbero indossare specie di tuniche per non dare risalto alle forme cancellando la propria femminilità come se pregiudicasse la preparazione o la competenza o come se dovessero fingersi uomini per far dimenticare a tutti il proprio sesso, non adatto al ruolo. «Sono pu***ne, non è il caso di mostrare lo scollo»; «Hanno bisogno di farsi notare per le gambe»; «Chissà come è arrivata lì», si legge comunemente sul web fra i commenti a volti noti dell’informazione televisiva. Offese gravi con le quali si fanno i conti tutti i giorni, discriminazioni sessiste difficili da scardinare. Cose che non si sentono se si tratta di un uomo, qualsiasi cosa indossi. Raramente si mette in dubbio il percorso di un uomo, come se la prostituzione potesse essere solo sessuale e non politica, o di altro tipo, come se tanti uomini nella storia, così come tante donne, non sono mai scesi a compromessi per ricoprire delle posizioni. Ma le donne si portano dietro a prescindere colpe di altri, gli uomini no. Perché una donna viene giudicata a priori, perché dà fastidio se ricopre ruoli che le danno visibilità: la donna è la soubrette o la casalinga nell’immaginario comune.
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Chi come la Botteri ha cercato di scardinare questi luoghi comuni non badando affatto all’aspetto, ma al contenuto, ha subito lo stesso le conseguenze di un’idea culturale che schiaccia la donna: anche lei non risponde ai canoni. E allora decide il look giusto di una giornalista? Se non veste in quel modo non lo è? Chi lo stabilisce? Un’idea arcaica. E spesso gli esperti di moda social e i giudici del web si confondono e si credono anche esperti di giornalismo e non solo quando si tratta di una donna. Tanti italiani e italiane non riescono ancora a leggere o ascoltare semplicemente le parole di una donna al di là dell’aspetto. Il caso Botteri dovrebbe essere un memorandum per tanti.
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Quotidiano Di Puglia