Traffico di armi con Libia e Iran: arrestati due napoletani convertiti all'Islam

Il Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, su ordine della Dda di Napoli, sta eseguendo nelle province di Roma, Napoli, Salerno e L'Aquila il fermo di...

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Il Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, su ordine della Dda di Napoli, sta eseguendo nelle province di Roma, Napoli, Salerno e L'Aquila il fermo di quattro persone indiziate di traffico internazionale di armi e di materiale dual use, di produzione straniera. Si tratta di tre italiani e un libico accusati di aver introdotto, tra il 2011 e il 2015, in paesi soggetti ad embargo, quali Iran e Libia, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria.

 

Due italiani convertiti all'Islam e radicalizzati, una coppia di coniugi di San Giorgio a Cremano, sono tra i destinatari dei provvedimenti di fermo disposti dalla Dda di Napoli. Si chiamano Mario Di Leva, convertito all'Islam con il nome di Jaafar, e Annamaria Fontana, ex assessore del comune di San Giorgio. Indagato anche il loro figlio, Luca. 



L'indagine, coordinata dai pm Catello Maresca, Maurizio Giordano e Cesare Sirignano, oggi alla Dna, riguarda un traffico di armi destinate sia a un gruppo dell'Isis attivo in Libia sia all'Iran. Agli atti dell'inchiesta c'è anche una foto in cui la coppia è in compagnia dell'ex premier iraniano Ahmadinejad.
 

La prima fase dell'odierna operazione ha avuto avvio nel giugno 2011, su input del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, in relazione a un precedente procedimento penale instaurato presso la Procura della Repubblica di Napoli dalla quale è emerso che una persona organica ad un clan camorristico dell'area casalese era stato contattato da un appartenente alla cosiddetta «mala del Brenta» con precedenti specifici per traffico di armi. Quest'ultimo ricercava, infatti, persone esperte di armi ed armamenti da inviare alle Seychelles per l'addestramento di un battaglione di somali, che avrebbero dovuto svolgere attività espressamente qualificate come «mercenariato». 
 
Le attività di indagine al tempo svolte, sfociate in diversi procedimenti penali, consentirono di evidenziare come la richiesta di addestramento fosse stata originata da una persona di nazionalità somala, con cittadinanza italiana, parente del deposto dittatore del Puntland (Somalia).


Attraverso gli appunti rinvenuti nel computer di Mario Di Leva, fermato nell'ambito dell'inchiesta sul traffico di armi, si fa riferimento a un incontro con Hamed Margani, indicato come rappresentante di Abdel Hakim Belhaj. Quest'ultimo - si legge nel decreto di fermo - è considerato «combattente islamista e comandante dei ribelli anti Gheddafi della guerra civile libica iniziata nel 2011». «È un noto combattente islamista - scrivono i magistrati - ed è stato membro del Gruppo dei combattenti islamici libici, nonché indicato come capo del Daesh in Maghreb».


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Quotidiano Di Puglia