I numeri
I dati sulle vendite dei veicoli ricaricabili riflettono il gap infrastrutturale. Nel 2019 sono stati venduti 10.566 Bev (Battery electric vehicle) e 6.499 Prev (Plug-in hybrid electric vehicle), oltre 12 mila dei quali al Nord, corrispondenti a quasi il 70 per cento del totale delle immatricolazioni registrate in Italia. Il 24 per cento delle auto elettriche è stato immatricolato nelle regioni del Centro, mentre nel Mezzogiorno le immatricolazioni complessive di veicoli Bev e Phev si sono fermate al 6 per cento del totale. È quanto emerge dallo Smart Mobility Report 2020 dell’Energy & Strategy del Politecnico di Milano. Stesso trend anche nel 2020: l’ultimo rapporto di Motus-E evidenzia che nei primi mesi del 2020 le regioni del Nordest e del Nordovest hanno occupato una fetta di mercato del 75 per cento sul totale dell’immatricolato elettrico del periodo. In compenso proprio le vendite di ibride ed elettriche hanno contribuito a frenare il crollo del mercato auto innescato dal lockdown. Merito degli incentivi per l’acquisto delle vetture a emissioni zero messi in pista nel 2019 e potenziati nel corso del 2020. Secondo una recente analisi di Ne Nomisma Energia l’ecobonus per le auto presenta tuttavia degli effetti collaterali da non sottovalutare, perché distribuirebbe ricchezza a classi di reddito alte. Nello studio, intitolato “Scenari energetici, sostenibilità e automobili”, si legge che «dei 950 milioni impegnati per l’ecobonus sul triennio solo 100 milioni sono andati finora alle auto piccole con motore tradizionale e con emissioni fra i 90 e i 110 grammi, quelle che più andrebbero sostenute, a beneficio di un’ampia fetta di popolazione a basso reddito, oltre che dell’ambiente, in quanto questi veicoli rimpiazzerebbero un gran numero di auto vecchie che sono la principale causa dell’inquinamento da automobili». Altro aspetto da considerare: attualmente la rete di trasporto e distribuzione di elettricità del Paese non è in grado di reggere un veloce passaggio all’uso dell’auto elettrica. «Prendendo a riferimento l’ipotesi di 4 milioni di auto totalmente elettriche nel 2030, l’obiettivo contenuto nel Piano energia e clima italiano, servirebbe una potenza aggiuntiva di 12 mila megawatt», evidenzia l’analisi targata Nomisma.A febbraio si contavano nella penisola 13.721 punti di ricarica. Quelli di Enel X sono più di diecimila e continuano ad aumentare: la società del Gruppo Enel specializzata in prodotti e servizi innovativi progetta di arrivare a installare 28 mila punti di ricarica entro il 2022. La rete di colonnine elettriche di Enel X, a cui si sommano quelle di Ionity, Be Charge e Tesla, si compone di caricatori Quick con una potenza massima di 22 kilowatt, distribuiti soprattutto all’interno dei centri urbani, caricatori Fast (50 kilowatt) e Ultra Fast. Questi ultimi, con 350 kilowatt di potenza massima, permettono di ricaricare le batterie delle auto full electric in poco più di dieci minuti e sono distribuiti principalmente sulle strade a scorrimento veloce, ma nelle prossime settimane faranno la loro comparsa pure nei contesti cittadini, a iniziare dalla Capitale. Così l’ad di Enel X: «Dal punto di vista infrastrutturale l’obiettivo è dotare il Paese di una rete di punti di ricarica capillare così da eliminare negli automobilisti l’ansia da ricarica, che è uno degli elementi che ostacolano la diffusione delle elettriche in Italia. In quella che potremmo definire la fase uno abbiamo puntato sulla capillarità, adesso invece ad avere la precedenza deve essere la crescita delle ricariche ad alta potenza. Pesa poi la sostanziale assenza di stazioni di ricarica lungo le arterie autostradali».