Apple Watch, l'ora è scoccata: la nostra prima prova e quella degli utenti

Apple Watch, l'ora è scoccata: la nostra prima prova e quella degli utenti
di Andrea Andrei
6 Minuti di Lettura
Sabato 27 Giugno 2015, 10:59
Stavolta niente file spasmodiche davanti agli Apple Store. Niente persone accampate in strada, balli, canti, rituali iniziatici degli evangelisti della Mela. L'Apple Watch è arrivato finalmente in Italia, anche se in ritardo rispetto agli altri Paesi. E se il countdown, ripreso da mezzi di comunicazione, fanatici e detrattori sul web è stato assordante, lo scoccare dell'ora X, le 7:01 del 26 giugno 2015, è stato quasi silenzioso.



Sarà che i fan più accaniti di Cupertino non avevano uno strumento abbastanza degno di misurare il tempo, almeno fino a oggi. Sarà che, vista la grande varietà di alternative disponibili (diversi formati, modelli, cinturini), la normale ressa si trasformerebbe in un inferno. Sarà che invece Apple, per lanciare il nuovo prodotto che inaugura ufficialmente il suo ingresso nel mondo degli smartwatch (il primo mercato nuovo con cui si cimenta dai tempi dell'iPad, quando a guidare la baracca c'era ancora il genio di Steve Jobs), ci ha messo una vita. Anzi, un'era tecnologica.





UN OROLOGIO NATO IN RITARDO

Per due anni l'azienda di Tim Cook ha rilasciato informazioni col contagocce, mentre gli altri colossi come Samsung e Lg sfornavano orologi intelligenti a rotta di collo. Apple no. Non solo non ha anticipato gli altri, ma si è fatta attendere. E alla fine ha optato per un sistema di prenotazioni dai tempi biblici, cosicché invece delle file agli Store, gli integralisti della Mela hanno potuto ammirare il dispositivo nei negozi ma poi si sono ritrovati da soli nella propria stanza, a scegliere in silenzio il proprio, costosissimo, modello preferito. E lo hanno dovuto attendere lì, come una rivelazione. Ed ecco che i predicatori si sono trasformati in asceti, in eremiti 2.0. Metafore religiose a parte, colpisce come l'azienda di Cupertino abbia voluto per questo prodotto adottare una filosofia ben diversa dai device precedenti: non solo due o tre colori, ma tante combinazioni differenti. Come lo stesso Cook aveva spiegato alla presentazione a San Francisco, Apple Watch non è un prodotto di massa. È un prodotto personale.



Perciò, avendo avuto la possibilità di metterlo al polso in anteprima, siamo andati proprio dalle persone a chiedere un parere. Non agli appassionati nel tempio di un Apple Store, ma alle persone comuni, in un treno da Milano a Roma e poi per strada. Proprio per capire se un prodotto simile, che necessita di almeno un iPhone 5 accanto per funzionare e che costa parecchio (si va dalla versione Sport, quella "base", per giunta con lo schermo più piccolo, da 38 millimetri, a 419 euro, fino ai folli 18.400 euro per la versione Edition, in oro 18 carati), possa davvero conquistare il pubblico come finora Apple ci ha abituato.



IL PRIMO APPROCCIO

«Io per me non lo comprerei, credo di non averne bisogno», spiega Laura, commercialista. Ma a mio figlio piace. Lui ha diciott'anni». Ma quando prende l'orologio e se lo rigira fra le mani per dargli un'occhiata da vicino, sembra lei ad essere interessata: «Certo che è davvero un bell'oggetto», commenta. In questo non si può certo darle torto. Nel complesso si tratta di un dispositivo elegante, non di un vistoso accessorio da nerd. Uno dei punti di forza di Apple Watch non è solo una questione estetica, ma tattile: la cassa, che può essere di alluminio, d'acciaio o d'oro è tondeggiante e ben rifinita. Il cinturino “standard” (ce ne sono anche in pelle e metallo) sembra di gomma, ma è di un materiale particolare, il fluoroelastomero, sorprendentemente liscio e morbido.



La corona laterale che serve per scorrere le opzioni introduce un nuovo modo di navigare sul display, evitando di dover usare il touch su una superficie così ristretta. Le vibrazioni (o meglio i “tocchi”) che il device emette sono di una piacevolezza irresistibile. Solo che stavolta si può dire addio al minimalismo degli altri prodotti Apple, a quella semplicità maniacale che era l'ossessione di Steve Jobs e che esprimeva l'intera filosofia dell'azienda. Per prendere confidenza con Apple Watch ci vuole un po' di tempo e addirittura, nell'app su iPhone che serve per abbinare e gestire le opzioni dello smartwatch, ci sono una serie di videotutorial che spiegano come utilizzarlo. Come il tanto odiato libretto d'istruzioni che il guru Jobs aveva voluto eliminare senza mezzi termini.



Sotto la corona laterale c'è un altro pulsante, che serve per l'accensione e lo spegnimento e per visualizzare la lista delle persone contattate più di frequente. Se una di quest'ultimee ha un Apple Watch, è possibile inviarle dei disegni fatti con il dito in tempo reale, vari tipi di emoticon animate e addirittura il proprio battito cardiaco, che si riproduce sul polso altrui con tanto di vibrazione. Romantico, e pure un po' inquietante.



Laura scatta una foto, la manda al figlio Fabio, fingendo di averglielo comprato. Ma lui non ci casca, sa bene che uscirà sul mercato italiano solo qualche ora più tardi. Al telefono Fabio, che fa l'ultimo anno delle superiori, ci spiega che senza dubbio l'Apple Watch è un prodotto che lo attrae, ma che comunque non lo comprerà: «Non ho un iPhone. Semmai attenderò un prodotto compatibile con Android o con Windows Phone che mi soddisfi. E che di sicuro costerà anche meno». Fra i due, alla fine sembra più entusiasta la madre.



Pierluigi ha un approccio più positivo. È curioso di vedere le funzioni dell'orologio, apprezza il menù delle app, nota che ce ne sono tante. In effetti Apple dice che ce ne sono circa tremila, ma che ora la grande sfida passa agli sviluppatori, che dovranno riuscire a sfruttare la nuova piattaforma. Da Cupertino sono molto fiduciosi, ma viene da pensare che il successo o meno di questo dispositivo sarà deciso anche dalla qualità del lavoro degli sviluppatori, che fino a oggi hanno lavorato per ottimizzare applicazioni su schermi sempre più grandi, e adesso devono progettare qualcosa adatto a uno schermo minuscolo.



«Ma la batteria quanto dura?», chiede Pierluigi, centrando uno dei veri punti deboli di Apple Watch. Se lo si usa “normalmente”, magari utilizzando l'assistente vocale Siri per mandare qualche messaggio ed effettuando un paio di brevi chiamate tramite il vivavoce (utile soprattutto in macchina, anche se la qualità della conversazione non è eccelsa), la batteria dura al massimo un giorno. Il caricatore consiste solo in un cavo (per fortuna ben più lungo di quelli in dotazione ad iPhone e iPad) con una piccola base magnetica circolare: per ricaricare il dispositivo basta appoggiarcelo sopra. Ed è bene imparare subito a farlo, visto che in pratica l'orologio va ricaricato ogni notte. Pierluigi lo indossa, lo trova un po' pesante, ma in fondo nemmeno così tanto. Lui ha provato la versione in acciaio, quella in alluminio (la versione “Sport”) è molto più leggera e comoda.



Dominga lavora per un'azienda di consulenza informatica. E proprio lei, che con la tecnologia ha a che fare tutti i giorni, dà la risposta che non ci saremmo aspettati: «Faccio un mestiere che mi porta a stare 10 ore al giorno incollata al computer. Ricevo email a tutte le ore. Ho due telefoni e non riesco mai a staccare. Figuriamoci se avessi un ulteriore schermo al polso. Non ci penso nemmeno a comprarne uno». E poco importa se lo staff Apple si è sgolato col dire che questo nuovo device serve anche a sconfiggere la cosiddetta "ansia da notifica", perché poter controllare sull'orologio le email in arrivo permette di leggere solo le più importanti e di ignorare le altre. «Se guardo il cellulare o l'orologio che cambia?», ribatte lei. E dire che nemmeno sa che l'Apple Watch ti sprona anche a fare del movimento, in base al tuo stile di vita. Una funzione che, a parte lo spiacevole effetto di far notare ai più sfaticati gli effetti negativi di una vita sedentaria, è molto ben congegnato. Il monitoraggio su battito cardiaco e attività fisica è costante e dettagliato. E se si seguono i consigli impartiti dallo smartwatch (tipo "Alzati in piedi e cammina per un minuto"), si possono anche conquistare dei trofei virtuali. Come in un videogame, solo che qui si vince un po' più di benessere fisico, il che non guasta.



Proviamo a porgere l'orologio a Dominga per fargliene apprezzare le forme, per vedere se almeno il design riesce a farle cambiare idea, ma niente. Ci gioca due secondi due e lo rispedisce al mittente con un «no» inequivocabile: «Mi ci manca solo questo, guarda». E c'è da dire che, in fondo, verrebbe da darle ragione.