“Stampati d’oro”: in tre dovranno risarcire i danni

“Stampati d’oro”: in tre dovranno risarcire i danni
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Lunedì 24 Aprile 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 13:47
Condanne e prescrizioni nel giudizio davanti alla magistratura contabile, sezione giurisdizionale di Bari, per la vicenda degli “stampati d’oro”. A pagare dovranno essere l’ex dirigente comunale Carlo Patella, in parte l’ex dirigente della direzione Risorse finanziarie Luigi Lubelli, e altro dirigente del Comune, Giuseppe Licciardello.
Come è noto, il responso della giustizia penale fu di prescrizione, con condanna per la società Brizio Industrie grafiche e confisca virtuale, per un importo di circa 800mila euro, di beni di proprietà della ex società. La procedura della magistratura contabile, però, andò avanti ugualmente e la Corte dei Conti ipotizzò un danno per la revisione dei prezzi sulle forniture pagate alla società dal Comune di Taranto, in forza di un contratto stipulato nel 2004. Sott’accusa oltre mezzo milione di euro.
Sott’accusa finirono Luigi Casimiro Lubelli, Carlo Patella, Giuseppe Licciardello e Fernanda Prenna, anche se quest’ultima per una posta di danno molto limitata.
La Corte de Conti, presieduta dal dottor Francesco Lorusso, ha ratificato la prescrizione per Fernanda Prenna e per Lubelli, anche se in quest’ultimo caso ha condannato l’ex dirigente comunale al risarcimento, per un periodo limitato, pari a 16mila euro circa.
Dovranno invece risarcire buona parte del danno sia Patella, per un importo di poco superiore ai 219mila euro, che Licciardello, per quasi 56mila euro.
 
All’epoca, il tribunale di Taranto definì la vicenda legata alle liquidazioni di pagamento in favore della società “Brizio”, assolvendo dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio tutti gli imputati, ma ritenne provata la sussistenza di irregolarità in quel contratto, sfociato nell’elaborazione dei mandati pro società “Brizio Industrie Grafiche”.
Insieme con i Brizio e con la società finirono sotto processo Sante Barracato e Luigi Casimiro Lubelli. Barracato fu assolto insieme con i Brizio; per i Brizio e per Lubelli, invece, l’accusa di truffa fu cancellata dalla prescrizione. I giudici ritennero fondata la tesi accusatoria sostenuta dal pm Remo Epifani in ordine ai sospetti nutriti sul confezionamento della revisione dei prezzi in favore della società, a cui l’Ente aveva assicurato quasi 9 milioni di euro spalmati in 9 anni, con un canone annuo di circa un milione e 200mila euro. Sul contratto la procura della Repubblica aveva acceso i riflettori investigativi. Quelli specifici degli investigatori avevano portato alla luce un carteggio pieno di cifre. Carteggio che, come evidenziato da una consulenza disposta dal pm, avrebbe presentato dubbi di liceità. L’inchiesta, avviata nel 2010, giunse alle battute cruciali con la richiesta di giudizio su cui il gup operò una scrematura, affrancando da ogni responsabilità altri ex dirigenti comunali. Per la Corte dei Conti, però, vi sarebbero stati dubbi sulla legittimità delle revisioni dei prezzi legati alle forniture. Di qui le condanne ai risarcimenti.
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