Ilva: cassa integrazione o solidarietà? Attesa per l’incontro a Roma

Ilva: cassa integrazione o solidarietà? Attesa per l’incontro a Roma
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Lunedì 27 Febbraio 2017, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 17:04
Appuntamento a Roma, oggi, che si annuncia decisivo per il futuro dei lavoratori dell’Ilva di Taranto. Al ministero dello Sviluppo Economico, dove il viceministro Teresa Bellanova incontrerà ancora una volta i sindacati e i vertici dell’Ilva in amministrazione straordinaria per sciogliere il nodo degli ammortizzatori sociali che serviranno ad impattare il calo di produzione della fabbrica di Taranto. Scadono giovedì i contratti di solidarietà pattuiti lo scorso anno e per i lavoratori del siderurgico di Taranto da venerdì si aprirà una nuova strada, quella probabilmente della cassa integrazione. Un ammortizzatore sociale, quest’ultimo, che l’azienda ha proposto ai sindacati ma che le organizzazioni degli operai rifiutano, preferendo un rinnovo della solidarietà, in modo da semplificare la equa rotazione del personale. 
L’obiettivo del Governo, già tentato nelle riunioni della scorsa settimana sarà quello di favorire l’accordo fra sindacati e azienda per ridurre il numero degli esuberi temporanei chiesti dall’Ilva. Ma anche di mantenere un’integrazione al reddito vicina al 70%, come avviene adesso, con un’iniezione di fondi statali. L’intesa andrebbe a coprire i prossimi dodici mesi, forse addirittura due anni, e cioè anche il periodo dell’immediata vendita dell’Ilva. 
 
Finora i contratti di solidarietà hanno riguardato un tetto massimo di 3.095 lavoratori. Quella cifra non è mai stata raggiunta. L’Ilva, nelle scorse settimane, invece, ha chiesto di mettere in esubero temporaneo 4.984 lavoratori, pari quindi a quasi la metà degli effettivi a Taranto che sono circa 11.000.
La ragione di esuberi così massicci, ha spiegato l’azienda nei giorni scorsi, è legato all’avvio del «piano di adeguamento alle prescrizioni Aia che ha comportato la progressiva fermata o riduzione degli impianti che insistono sull’area a caldo». La produzione in realtà già nel 2016 è rimasta sotto i 6 milioni di tonnellate. Ma anche in questa prima parte del 2017 la Fiom Cgil ha parlato di una riduzione della produzione cospicua, proprio nell’area ghisa, l’acciaieria di stabilimento. 
Alla vigilia del tavolo del Mise le posizioni sembrano ancora distanti.
La premessa del confronto sarà il numero di 3.500 esuberi fissato implicitamente nel decreto De Vincenti per gli interventi nel Mezzogiorno, da poco convertito in legge dal Parlamento. La legge per il rilancio del Sud ha infatti stanziato 24 milioni a copertura della cassa integrazione (o altra forma di integrazione del reddito) per gli esuberi temporanei dell’acciaieria di Taranto. La cifra corrisponde a circa 3.500 addetti: decisamente meno dei 4.984 chiesti dall’azienda, sensibilmente di più di quelli a cui punta il sindacato che spera quantomeno di mantenere il numero degli addetti in solidarietà, cioè 3.095. All’orizzonte della trattativa sindacale ci sono le presentazioni delle offerte per rilevare l’Ilva di Taranto delle due cordate rivali: ArcelorMittal e Marcegaglia, da un lato; Jindal, Cdp, Delfin, e Arvedi dall’altro. Offerte attese proprio per venerdì 3 marzo, nello stesso giorno cioè in cui finirà la solidarietà e scatteranno i nuovi ammortizzatori sociali. 
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