Monta la rabbia dei manifestanti
Sale la tensione, Pelillo scortato

Monta la rabbia dei manifestanti Sale la tensione, Pelillo scortato
di Francescca Ciura
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Venerdì 29 Luglio 2016, 13:47 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 17:56

C’era da aspettarselo. Come accaduto a Napoli, anche Taranto porta in strada la contestazione sulle scelte governative. Motivo del forte dissenso, che ha indotto i poliziotti ad indossare le tenute antisommossa, quel decimo decreto Ilva, approvato nei giorni scorsi in via definitiva dal Senato che per i tarantini suona come una ennesima condanna a morte. Se all’interno quindi del Museo il cerimoniale è stato impeccabile, l’accoglienza della gente comune, riservata per strada a Matteo Renzi e all’onorevole tarantino del Pd, Michele Pelillo è stata durissima. Lo stesso Pelillo all’uscita dal Museo, mentre era in procinto di dirigersi a piedi in Prefettura, è stato oggetto di accese contestazioni e recriminazioni. Viene spintonato, investito da una raffica di insulti tanto da doversi rendere necessaria la scorta. All’arrivo dal Prefetto ha la giacca bagnata. Il deputato del Pd è stato indicato dai manifestanti come colpevole di non aver tutelato gli interessi dei propri concittadini. Al grido “Via da Taranto”, centinaia di tarantini, sfidando l’afa ed il sole cocente, si sono radunati in piazza Archita, di fronte all’ingresso storico del Museo Archeologico già dalle prime ore del giorno. Presenti numerose associazioni, da “Tutta mia la città” ai “Genitori tarantini”, “Liberi e Pensanti”, “Verità per Taranto” e tutta la lunga schiera di persone che sotto la voce “ambientalista” da tempo si battono affinché si attui un significativo e sostanziale cambio di rotta, ma soprattutto si assicuri, oltre al lavoro, il diritto alla salute. Tra i manifestanti anche i Cobas che avevano allestito un presidio già alle 8, ed ancora una piccola rappresentanza dei 5 Stelle jonici, i pediatri, il Comitato Unitario dei Professionisti di Taranto, la Federmanager, “le mamme per Taranto” e tutte le varie associazioni che a vario titolo, da anni, chiedono giustizia per coloro i quali hanno perso la vita a causa dei veleni sprigionati da siderurgico. Alle 11, ora prevista per l’arrivo del premier, la centralissima corso Umberto I è interdetta al traffico e gremita.
 

 


Al grido generale “assassini”, alle urla di disperazione e di rabbia, si uniscono anche studenti, insegnanti, professionisti e qualche anziano. Il tempo passa ma di Renzi nemmeno l’ombra. Intanto alcuni agenti, a cui successivamente si sono affiancati anche i militari dell’Arma, iniziano a presidiare il secondo ingresso del Museo. I manifestanti intuiscono che Renzi non passerà da corso Umberto. Alcuni decidono di dirigersi dalla parte opposta, ma le strade sono interdette. La tensione sale. Il corteo, al grido “Taranto Libera” tenta di forzare il cordone di sicurezza per avvicinarsi all’ingresso storico del Museo. Vengono lanciati all’indirizzo dei poliziotti alcuni fumogeni. La risposta di carabinieri e polizia è decisa: ma la folla preme spinge verso l’edificio museale. La rabbia esplode all’arrivo delle auto blu che giungono a destinazione dalla parte opposta, tre quarti d’ora più tardi, da via Pitagora. I poliziotti estraggono i manganelli; qualcuno prova a dialogare con le forze dell’ordine chiedendo di stare dalla loro parte perché i diritti della città sono di tutti. Una donna nel tentativo di mostrare un sacchetto colmo di polvere rossa raccolta sul proprio balcone inciampa, cade, viene soccorsa. Gli animi si placano, ma la calma dura poco. La zona è presidiata in ogni angolo: anche dal tetto dello stesso Museo dove appostati, armi in pugno, due militari controllano dall’alto che tutto fili liscio. A qualche condomino di uno stabile di via Cavour, affacciatosi dal proprio balcone, viene addirittura intimato di rientrare in casa e di chiudere le finestre. Renzi e Franceschini, di gran lena, fanno il proprio ingresso dalla porta di via Cavour, accompagnati anche all’uscita, fino alla Prefettura dalle proteste.


 

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