Storia di un omicidio in 1227 pagine
«Processo indiziario ma non ci sono dubbi»

La casa dei Misseri
La casa dei Misseri
di Lino CAMPICELLI
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Martedì 30 Agosto 2016, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 09:23

Madre e figlia agirono insieme per sopprimere la povera Sarah. Successivamente, il corpo della quindicenne di Avetrana fu affidato al congiunto Michele Misseri affinchè provvedesse a farlo sparire per sempre.
E così fu per oltre un mese, ma i rimorsi nutriti dall’agricoltore avetranese lo indussero a lanciare segnali che i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura riuscirono a cogliere.
Si arrivò così alla scoperta del corpo della povera Sarah, gettato in un pozzo, e alla lenta ma inesorabile ricostruzione dei fatti, “disturbata” dal profluvio di versioni diverse con cui Michele Misseri tentò di allontanare gli inquirenti dall’accertamento della verità. Perchè l’agricoltore fu assalito da altri rimorsi, allorchè si accorse che agli inquirenti non erano interessati a un colpevole qualsiasi: pretendevano di conoscere la vera identità di chi avesse ucciso la quindicenne.
In quasi 1300 pagine di motivazione, arrivate a 1600 con una montagna di allegati, la Corte d’assise d’appello di Taranto ha “spiegato” il perchè abbia confermato la sentenza di condanna all’ergastolo di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia della povera vittima. La Corte ha parlato di «processo indiziario» e di conclusioni che vanno «oltre ogni ragionevole dubbio».

Il dispositivo germinato dall’assise di primo grado è stato praticamente bissato dai giudici togati e popolari dell’appello, che hanno dedicato numerosissimi riferimenti al ruolo e alla posizione dei principali protagonisti del caso giudiziario. La Corte ha dato molto rilievo alle intercettazioni, i cui passaggi sarebbero stati inequivocabili.
Così, da ieri mattina è ufficiale la motivazione della sentenza emessa dalla Corte d’asside d’appello (presieduta dalla dottoressa Rosa Patrizia Sinisi, a latere dottoressa De Felice). E ciò potrà consentire al collegio di difesa degli imputati di predisporre il ricorso in Corte di Cassazione.
Un ricorso che costituisce l’ultima speranza per Sabrina e per la madre Cosima di essere affrancate non solo dal carcere a vita ma pure dall’onta di essere considerate le assassine di una povera adolescente.
Sul punto, gli avvocati Franco Coppi, Nicola Marseglia (entrambi per Sabrina Misseri), Franco De Jaco e Luigi Rella (entrambi per Cosima Serrano) nutrono un moderato ottimismo.

Da sempre convinti dell’innocenza delle rispettive assistite, hanno sempre sostenuto che le motivazioni della Corte offrano spazi perchè la ricostruzione della vicenda, proposta all’attenzione del secondo grado di giudizio dalla dottoressa Montanaro, possa essere “rivisitata”. E ciò in virtù di alcune «lacune motivazionali» che non sarebbero mai state sanate.
D’altra parte, per i legali di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, la passione di Sabrina nei confronti di Ivano Russo e lo scarso feeling di Cosima con la sorella Concetta, madre della vittima, non avrebbero mai potuto costituire una base robusta per poter desiderare la morte di Sarah, sopraggiunta nel primo pomeriggio del 26 agosto 2010.
Nè “robusta” è mai stata considerata la versione considerata ondivaga del fioraio di Avetrana, Giovanni Buccolieri, che avrebbe intercettato in quel maledetto pomeriggio l’auto di Cosima e la stessa donna mentre ingiungeva a Sarah di rientrare in macchina.

Un episodio, questo, che per l’accusa pubblica, al contrario, costituì il chiavistello necessario per decodificare tutti i passaggi salienti di quei minuti in cui Sarah scomparve per sempre dalla scena della vita.
«Come si fa a dare credito alla versione di un uomo che non è capace di distinguere fra la realtà è il sogno», hanno sempre sostenuto i legali delle due donne.
Sia come sia, questo capitolo del procedimento giudiziario sfociato in due gradi di giudizio, è stato un argomento granitico per la contestazione, e la relativa condanne delle due donne, del reato di sequestro di persona.

Un reato contemplato con l’aggravante della connessione teolologica con quello di omicidio, poi cancellata dal tribunale in funzione di Riesame.

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