Strage di Palagiano: «Indagini a senso unico, indizi utilizzati solo contro Di Napoli»

Strage di Palagiano: «Indagini a senso unico, indizi utilizzati solo contro Di Napoli»
di Lino CAMPICELLI
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Sabato 22 Aprile 2017, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 16:30

Indagini a senso unico e intercettazioni “interpretate” a seconda delle circostanze. Per uno dei difensori di Giovanni Di Napoli, accusato di essere il mandante della strage in cui furono uccisi a Palagiano Cosimo Orlando, Carla Fornari e il piccolo Domenico Petruzzelli, con altri due bambini scampati alla morte, sarebbe del tutto inapplicabile il principio del “rasoio di Ockham”, secondo cui “è sempre vicina alla verità la scelta di seguire la via più semplice”. Contro la metodologia del frate francescano Guglielmo di Ockham, utilizzata dall’accusa pubblica per spiegare «il perchè della colpevolezza di Di Napoli», l’avvocato Enzo Sapia ha usato la strada della «dimostrazione». 
Dimostrazione», soprattutto, «del fatto che Di Napoli avesse meno motivi di tanti altri per volere la morte di Cosimo Orlando». Proprio contro la strada della “spiegazione più logica” teorizzata a metà del terzo secolo dal filosofo medievale, ha sistemato i suoi tasselli, che puntano a ingenerare tanti dubbi, il penalista tarantino che lascerà spazio, martedì prossimo, all’arringa dell’avvocato Armando Veneto.
«L’accusa ha detto che dopo la strage sono state seguite tante piste, sino a quella decisiva che ha portato a Di Napoli». Ma quale sarebbero stati i motivi che hanno indotto gli investigatori a concentrare le indagini su Di Napoli? L’accertamento di contrasti fra l’imputato e una delle vittime principali, Cosimo Orlando.
«In realtà», ha evidenziato l’avvocato Sapia, «di questi contrasti enfatizzati dall’accusa pubblica vi sono tracce che non spiegano, nè giustificano, la scelta di un agguato così brutale». «Tanti sarebbero stati i motivi del rancore nutriti da Di Napoli verso Orlando, secondo quanto delineato dai pubblici ministeri», ha detto ancora l’avvocato Sapia.
 
«Dagli atti, però, emerge, l’esistenza di una forte gelosia nutrita da Cosimo Orlando verso i rapporti che la sua compagna, Carla Fornari, aveva avuto con Di Napoli. Tutti questi motivi decantati dall’accusa, in realtà, sarebbero da ricondurre solo alla gelosia. Quanto altri motivi presunti dall’accusa pubblica, invece, i riscontri appaiono inconsistenti».
«Che io sappia, però, anche sulla base di tante esperienze processuali differenti, mie e vostre», ha sottolineato l’avvocato Sapia rivolgendosi ai giudici togati dell’Assise (presieduta dal dottor Michele Petrangelo, a latere dottoressa Fulvia Misserini), «ad uccidere è sempre la persona tradita. Qui, al contrario, abbiamo un presunto omicida che avrebbe ucciso per essere stato oggetto delle gelosie di una delle vittime». Ed è un ragionamento che «non quadra, quello del movente della gelosia alla base dei contrasti fra i due uomini, considerata l’evoluzione di questo disaccordo». «Quadra, e c’è riscontro, invece», ha spiegato ancora l’avvocato Sapia, «l’ipotesi che il triplice omicidio abbia avuto matrice diversa da quella rappresentata».
Sulla base di una serie di testimonianze e di acquisizioni documentali, l’avvocato Sapia è andato appunto al di là della teoria “della semplicità” elaborata da Ockham. «Ci sono agli atti prove certe che Orlando fosse in cattivi rapporti con altri soggetti trascurati dalle indagini. Rapporti per motivi di affari, magari anche illeciti, che spesso spiegano soluzioni così drastiche e definitive. Non mi risulta, o almeno non ne siamo a conoscenza, che su questi “cattivi rapporto” siano state condotte investigazioni concrete, tali da poter escludere piste alternative».
E in riferimento a questi rapporti il penalista ha snocciolato nomi e cognomi, concludendo sulla evidente “zoppìa” degli accertamenti che si coniugherebbe con la impossibilità di nutrire cetezze, «al di là di ogni ragionevole dubbio», sulla posizione di Di Napoli.
Martedì altre arringhe.

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